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Uno dei Land Rover Defender rubato: lo schema del colpo era sempre lo stesso
Bergamo, 14 febbraio 2025 – A dare impulso all’indagine potrebbe aver contribuito la denuncia di furto fatta dall’ex giocatore dell’Atalanta, Cristiano Doni. Allo storico capitano, nel mese di settembre di due anni fa, di sera, era stato rubato il Ranger Rover parcheggiato dalle parti dello stadio, in città. Al ritorno l’amara sorpresa: Il suo fuoristrada era sparito. Il 28 dicembre dello stesso anno, il proprietario di un Land Rover Defender si presentava dai carabinieri di Curno per denunciare il furto della sua vettura lasciata nel parcheggio di un centro commerciale: il telecomando a distanza non rispondeva ai segnali. Nemmeno il tempo di allontanarsi per prendere un nuovo telecomando che il Defender si era volatilizzato.
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Due colpi abbastanza simili, come i modelli di auto. Il 30 dicembre altra denuncia: nel mirino un Land Rover. Il modus operandi sembra il medesimo. Scatta l’indagine dei carabinieri della Sezione operativa della compagnia di Bergamo e risalgono a due italiani, già noti alle forze dell’ordine: si tratta di M.F. 51 anni, residente a Pontida (assistito dall’avvocato Pedersoli) e di M.B., 50 anni, residente a Cisano Bergamasco (con l’avvocato Gorpia). Ora si trovano in carcere: davanti al gip hanno deciso di avvalersi. È contestato il furto di tre Land Rover Defender (a loro però non viene contestato il furto del fuoristrada di Doni). Solo per uno dei due arrestati l’accusa è anche di riciclaggio. Per entrare in possesso dei Land Rover usavano pure strumenti tecnologici in grado di bypassare i sistemi di sicurezza.
I carabinieri sono arrivati ai due partendo dall’analisi dei sistemi di videosorveglianza, verificando che agivano sempre con un preciso modus operandi. Seguivano l’obiettivo e, al momento giusto, entravano in azione in maniera rapidissima, muniti di un dispositivo in grado di bypassare i sistemi di sicurezza delle auto e un rilevatore di frequenze per individuare eventuali dispositivi di tracciamento.
Pedinandoli, gli investigatori sono anche arrivati a un capannone (a Verderio) dove le auto venivano nascoste, modificate e preparate per l’esportazione. Durante una perquisizione sono stati rinvenuti strumenti per la riprogrammazione delle centraline, targhe false e documenti alterati. Un business illegale che fruttava decine di migliaia di euro. L’indagine non è terminata: gli inquirenti stanno verificando se vi siano altre persone coinvolte e se il giro d’affari sia ancora più esteso di quanto emerso finora.