BERGAMO – Nessun responsabile per la morte di Elena Casetto, 19 anni, che il 13 agosto 2019 rimase carbonizzata nel rogo da lei stessa appiccato nel reparto di psichiatria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Sono state archiviate dal giudice delle indagini preliminari Moreschi anche le posizioni dell’ex direttrice generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, Beatrice Stasi (ora in pensione) e di Tatiana Ferrari, tuttora responsabile del Servizio di prevenzione e protezione dell’ospedale cittadino.
L’archiviazione arriva dopo che nell’aprile scorso, al termine di un processo per omicidio colposo nel quale il giudice Laura Garufi aveva assolto i due addetti della squadra antincendio. Nell’assolvere gli addetti, il giudice Garufi aveva ritenuto che fossero emerse “alcune chiare responsabilità” da parte dell’ospedale. Da qui la richiesta alla pm Letizia Ruggeri di approfondire le posizioni della Stasi e della Ferrari.
Il gip nelle scorse settimane ha accolto la richiesta di archiviazione da parte del pm secondo la quale non emergono elementi che consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna, come stabilito dalla riforma Cartabia. Il sostituto procuratore ricorda nella sua istanza che già durante le indagini preliminari erano stati esaminati eventuali profili di responsabilità in capo alla Stasi e alla Ferrari, ma che non erano stati ritenuti sussistenti. Elena Casetto era stata ricoverata nel reparto di psichiatrica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in preda a una crisi, era stata contenuta a letto dopo la somministrazione di un calmante, ma era riuscita a portare con sé un accendino. Avere in reparto un accendino è vietato, dopo l’incendio nella stanza ne furono trovati tre. Probabilmente la 19enne con uno di questi aveva appiccato il fuoco al suo letto.
Il lungo dibattimento aveva di mostrato come i due addetti antincendio, seppur protagonisti di un intervento maldestro, non avrebbero mai potuto salvare Elena in quanto le fiamme si erano sprigionate molto rapidamente. Il giudice Garufi, nel pronunciare la sentenza di assoluzione per i due imputati, aveva disposto la trasmissione degli atti alla procura perché approfondisse la posizione delle due dirigenti, in merito alla “carente valutazione del rischio incendio”.