GABRIELE MORONI
Cronaca

Un mese senza Sharon e senza risposte. Il papà Bruno Verzeni, che lavora per non pensare: “Ci interessa solo la verità”

Ipotesi e smentite si susseguono e aggiungono dolore al dolore, per i familiari della 33enne uccisa a coltellate a Terno d’Isola. Zia Giusy: “Perché riversare tanto odio su una ragazza buona come lei?”

I genitori di Sharon Verzeni e il compagno Sergio Ruocco

I genitori di Sharon, Bruno Verzeni con la moglie, e il fidanzato della figlia Sergio Ruocco

Bottanuco (Bergamo) – Signor Verzeni, è passato un mese dalla morte di Sharon. Bruno Verzeni lavora con la carriola in giardino. “Per togliere un po’ di pensieri”, dice. Il dolore a riempire le giornate. La svolta nell’indagine che non arriva. Un rumore bianco di voci, sussurri, ipotesi e smentite. “Questo ci dà ancora più dolore – osserva il padre di Sharon –. Ci fa male che sappiate le notizie prima voi giornalisti di noi. Ci interessa solo la verità”. Giuseppina Previtali, zia Giusy, sorella di mamma Maria Teresa, aggiunge poche parole che racchiudono lo stato d’animo della famiglia: “Noi aspettiamo solo una chiamata per capire perché è stato riversato tanto odio nei confronti di una ragazza buona come Sharon. Mi sembra impossibile. Nessuno poteva volere male a una ragazza semplice e dolce come lei”.

Ecco allora lo strazio senza fine, l’ansia di sapere, l’attesa che scandisce le ore del giorno e toglie il sonno il quelle della notte. Ecco quel senso di incredulità che ancora non si riesce a superare a distanza di giorni. I genitori di Sharon, i nonni, gli zii cercano di convivere con questo grumo di sentimenti sforzandosi di assorbirlo nella normalità. Abitano tutti vicini, nelle linde villette che si allineano in via Adda, a Bottanuco. La quotidianità è il loro rifugio. I lavori in giardino di papà Bruno, le uscite per la spesa, la visita di qualche amico che si presenta per parlare di cose normali. I pomeriggi con la nipotina, la bambina dell’altra figlia, Melody, e del marito Stefano. La fede, una religiosità profonda. A poco più di una settimana dalla notte di orrore veniva chiesto a papà Bruno dove attingesse tanta forza: “La forza me la dà Sharon e me la dà la fede”, era la risposta. E le domande, tante, ad affollarsi nella mente di questo padre ferito. “Perché? Come mai? Perché lei? Perché proprio lei, mia figlia? Perché è successo tutto questo? E non ho risposte. Per ora”.

Risposte che tardano a venire. Il ricordo degli ultimi giorni e delle ultime ore di felicità. Il compleanno di Sharon, festeggiato tutti insieme, il primo sabato di luglio, da lei, che faceva gli anni il giorno 6, nell’appartamento a Terno d’Isola che divideva con il fidanzato Sergio Ruocco. Due giorni prima dell’omicidio la partenza di Bruno e Maria Teresa per la Sardegna. Sharon e Sergio avevano programmato le loro vacanze verso la metà di agosto, in una località dell’Egeo. Il messaggio scherzoso di Sharon alla mamma – “Attenta alle scale mobili” – per ricordarle un infortunio subito. I Verzeni erano a Cagliari quando li aveva raggiunti la telefonata di Melody. Il ritorno precipitoso con il primo volo.

In via Castegnate a Terno d’Isola, dove Sharon Verzeni ha vissuto l’epilogo della sua vita troppo breve, rimangono i fiori, l’immaginetta di Papa Giovanni, il pontefice bergamasco di Sotto il Monte, il foglio con scritto a grandi lettere in stampatello “Giustizia X Sharon”. C’è il messaggio anonimo poi attribuito a zia Giusy. Un lungo appello accorato alle coscienze, a non essere complici di Caino. “Caino è chiunque non parli, è chiunque non dica la verità. Caino è chi sa ma rimane nel silenzio, nell’ombra, e fa finta di niente. Niente è come prima, nessun respiro, nessun attimo di vita. Il pensiero è fisso su Sharon e sulla parola perché. La vita è ferma a quella notte. Nessuno può riportarcela indietro, ma qualcuno può dare una spiegazione a tutto ciò. La parola perché è la prima parola del mattino e l’ultima della giornata. Ogni giorno è così, ogni giorno è angoscia. Non siate complici di questa brutalità. Sharon è figlia di tutti, è una parte della nostra vita. Chi sa non volga le spalle, non si nasconda, ma abbia il coraggio di dare giustizia a una vita”.