GABRIELE MORONI
Cronaca

Bergamo, Gimondi affronta l'ultima salita: "Felice, quanto ci manchi"

Tifosi, amici e storici rivali uniti nel dolore per la morte dell'ex campione di ciclismo

Felice Gimondi

Bergamo, 19 agosto 2019 - Da Taormina alla sua Bergamasca. L’ultimo Giro d’Italia di Felice Gimondi. Il feretro è arrivato in nottata a Paladina. La camera ardente sarà aperta oggi dalle sette del mattino alle dieci di sera (e forse anche più tardi). E’ stata allestita in una chiesetta alle spalle della parrocchiale di S. Alessandro Martire dove domani, alle 11, si svolgeranno i funerali. A officiare il rito don Vittorio Rossi, parroco di Paladina. 

Sarà una sfilat, una processione del ciclismo d’antan. Nel paese bergamasco si daranno appuntamento tanti vecchi guerrieri per il saluto finale a Nuvola Rossa. Era stato Gianni Brera a evocare il capo Oglala, irriducibile avversario dei soldati blu. Accadeva durante il Giro d’Italia del 1976, il più bello dei tre conquistati da Gimondi. Forse perché nessuno se l’attendeva, sottovalutando il carattere di un orobico mai domo. Forse perché nella sua Bergamo battè in volata Eddy Merckx, per una volta solo secondo. Il ricordo di Gimondi si prolungherà: gli sarà dedicato il Giro di Lombardia, in programma il 12 ottobre. 

Ricordi. Il dolore fa da catalizzatore, ne vengono a galla a grappoli. Come quelli che affollano la mente di don Mansueto Callioni, parroco di Almè: «Sono così numerosi che faccio fatica a trovarne uno. Se n’è andato un pezzo della mia vita. A causa di Gimondi ha rischiato di essere cacciato dal seminario e di non diventare prete. Se il Giro passava a non più di cinquanta chilometri di Bergamo, con qualche compagno organizzavo un’autentica fuga per vederlo passare e soprattutto per intravvedere per un attimo il ‘mio’ Gimondi. Per fortuna tutti, rettore, vice, professori, assistenti facevano il tifo per questo campione, uscito da uno dei nostri oratori. Per il ventesimo di sacerdozio la Provvidenza mi ha fatto un regalo insperato: sono stato nominato parroco di Sombreno, una frazione di Paladina. Finalmente l’ho conosciuto. Con lui, con Maurizio, Gigi, Giorgio, Marco, Beppe, Fausto, Enzo, Bruno, Antonino e altri amici abbiamo fondato la Scuola di Mountain bike Felice Gimondi. Con Felice si andava in bicicletta insieme». La bicicletta. Gimondi le aveva dato tutto di sé, ricevendo tanto. Da quando il suo cuore di atleta, che si esaltava nelle fatiche, aveva incominciato a fare le bizze, i medici gliela avevano vietata. 

Rimpianti. Classe 1940 (di due anni più anziano), Ildo Serantoni è stato amico di Gimondi e suo biografo. «Uno era quello di essere rimasto poco a casa, di non essere stato vicino a Norma e Federica negli anni dell’adolescenza. Tiziana è stata una compagna di vita eccezionale. Ha sopportato le sue assenze, la sua cupezza quando le prendeva da Merckx, i silenzi mentre preparava un appuntamento importante. L’altro rimpianto era legato ai suoi gregari. In corsa era un capitano duro. In una tappa di un Tour la squadra era in fondo al gruppo. L’ha richiamata un paio di volte. Niente. E’ partita una fuga con gente importante. Felice ha perso le staffe: “Allora, pelandroni, andate avanti o stasera in albergo facciamo i conti’’. Era una delle sue grandi preoccupazioni a carriera finita: “Sarò riuscito a far capire ai miei compagni di squadra tutta la mia gratitudine?’’».