Pedrengo (Bergamo), 6 ottobre 2023 – “Era l’immagine del dolore materno, mentre piangeva inginocchiata davanti alla bara del suo bambino appena morto".
Alla luce della tragedia che è stata rivelata dall’arresto di Monia Bortolotti, accusata di avere ucciso i suoi due bambini, appare terribile, straziante, il ricordo offerto da don Angelo Mazzola. Parroco di Pedrengo per dodici anni, fino all’ottobre scorso, oggi assegnato alla parrocchia di Albano Sant’Alessandro, don Angelo è nella casa di Monia e del compagno Cristian Zorzi subito dopo la morte di Mattia, di due mesi, il 25 ottobre 2022.
"Quando era morta la bambina ero assente da Pedrengo per gli esercizi spirituali. Sono andato in casa loro per il bambino. Lo avevano appena deposto nella bara bianca – racconta il sacerdote –. La madre era inginocchiata davanti alla bara, piangeva, sussurrava non so se preghiere o parole. Ai lati della bara c’erano il compagno e il padre adottivo di lei che la confortava. I nonni paterni erano disperati, era il secondo nipotino che perdevano. Il bambino aveva un viso composto. bello. Pareva un angioletto".
L’immagine di una “mater dolorosa“, la stessa colta da una coppia di anziani di Bergamo nel cimitero di Pedrengo. "Veniamo – dice la signora – tutte le volte che possiamo. Abbiamo qui nostro figlio, morto ventun anni fa, a trentasei anni. Abbiamo notato questa giovane donna, a volte sola, a volte con il marito. Piangeva. Chissà dove va, ci chiedevamo? Ecco, veniva dove siamo adesso, davanti alla tomba del suo bambino. L’abbiamo vista per tutto l’inverno. Da un po’ di tempo non la vediamo".
La messa delle 10.30 è terminata. La gente esce dalla chiesa parrocchiale intitolata a Sant’Evasio. Il suono delle campane. Il regalo di una mattinata di sole dopo tante ore di pioggia insistente. Ma per Pedrengo, dietro la facciata della più tranquilla normalità, è una domenica diversa. Non può essere altrimenti. La notizia dell’arresto di Monia Bortolotti con l’accusa terribile, infamante, di avere sorpreso i suoi due bambini, Alice e Mattia, ha fatto da catalizzatore a reazioni diverse, che vanno dallo sgomento all’orrore, dalla rabbia a un diffuso senso di pietà. Cristian Zorzi, poco più che cinquantenne, compagno di Monia fino allo scorso settembre, è molto conosciuto per la sua attività di verniciatore. Teresina, la madre, è del posto. Giovanni, il padre, viene da Torre de’ Roveri. Qualche giornalista, qualche operatore in attesa. In alcuni dei fedeli scatta l’innata riservatezza bergamasca, altri si rifugiano in un "No, mi spiace".
C’è però anche chi accetta di parlare. "Conosco bene – dice Guido – la nonna paterna dei bambini, la madre di Cristian. Tutti i giorni va al cimitero e ogni volta la vedo affranta. Un giorno le ho anche detto di stare attenta, di riguardarsi, perché così rischiava un esaurimento nervoso. Chissà adesso". "Le tombe dei bambini – dice un altro – sonno curate, sempre piene di fori. Quando passavamo davanti pensavano sempre che ci fosse la mano della mamma. E invece... Era già un grosso dispiacere. Chissà come sarà da adesso in avanti per gli altri della famiglia". "Cosa si dovrebbe fare a una donna del genere?", scatta qualcuno. La risposta indiretta arriva da don Patrizio Carminati, giovane coadiutore, responsabile dell’oratorio, molto vicino alla famiglia Zorzi: "C’è una sola cosa da fare: pregare. Dobbiamo pregare. Preghiamo. Per quei bambini. Per il loro padre. Per quella donna. Per i nonni. Per tutta la famiglia".