di Luca Calò
"Il Covid si può manifestare in molti modi diversi. Da un semplice raffreddore a un po’ di febbre e tosse, ma si possono avere nel 10% dei pazienti sintomi molto più seri che provocano addirittura crisi respiratorie e richiedono ricovero in ospedale. Vogliamo capire il perché di queste differenze e ci chiediamo se una risposta a questa domanda possa venire dai geni". A dirlo è Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Nedri, nel presentare lo studio dal titolo “Origin“. Il metodo? Sarà una ricerca sul campo quella del “Mario Negri“ e il “campo“ non poteva che essere la Valseriana, la zona più colpita nella provincia più colpita d’Italia. Sulla straordinaria diffusione del Covid tra Alzano, Nembro e Albino si sono fatte molte ipotesi: dalla mancata zona rossa, agli scambi con l’estero che molti residenti hanno per ragioni di lavoro vista la vocazione industriale della valle.
Ma se anche i geni di chi abita in Valseriana avessero influito? Domanda a cui questo studio cercherà di rispondere. Come? Lo studio – patrocinato dai Comuni di Albino, Alzano Lombardo e Nembro – verrà condotto su 1.200 persone: verranno selezionati 400 individui che hanno avuto una forma grave di Covid-19, 400 che hanno contratto il virus ma non si sono ammalati o hanno avuto sintomi lievi e 400 che non hanno contratto il virus. Sono invitati a partecipare al progetto, su base volontaria, tutti i cittadini adulti, di entrambi i sessi, residenti nei Comuni di Albino, Alzano Lombardo e Nembro, che abbiano eseguito almeno un test sierologico o un tampone orofaringeo per Sars-CoV-2, indipendentemente dall’esito.
La prima fase richiederà ai volontari la compilazione di un questionario, nel quale riportare dati anagrafici e informazioni sulla propria esperienza Covid-19. I dati raccolti saranno analizzati da un’équipe di medici e ricercatori del centro di ricerche cliniche “Aldo e Cele Daccò“ di Ranica.
Nella seconda fase le persone selezionate verranno contattate per un colloquio al Centro e per effettuare le indagini genetiche utili allo studio. "Il genoma di due individui – spiega Marina Noris, capo laboratorio di Immunologia e Genetica del Daccò – è identico per circa il 99,9%: è il restante 0,1% che li rende diversi. Queste differenze potrebbero spiegare la predisposizione o, viceversa, la resistenza alle complicanze da Covid-19. Sarebbe bello pensare che poi questo si possa anche tradurre in una diversa risposta al trattamento, ma questa è soltanto un’ipotesi".