REDAZIONE BERGAMO

Incastrato dal Dna sul cappello. A processo dopo dodici anni

A 72 anni, 40 dei quali trascorsi in carcere, finisce di nuovo davanti al giudice per rapina .

Incastrato dal Dna sul cappello. A processo dopo dodici anni

Ha scelto uno stile di vita giocato sul filo del rasoio. Sapeva di rischiare e lo ha accettato. Del resto quando uno decide di dedicarsi alle rapine, sa a cosa può andare incontro. E infatti nella sua lunga carriera di rapinatore Angelo Moretti, 76 anni, tra un colpo e l’altro, tra uffici postali e farmacie, ha accumulato condanne per 42 anni ("mezzo secolo") ci scherza, la maggior parte scontati.

"Dal 1° gennaio di quest’anno sono libero", ha raccontato al giudice ieri mattina al processo che lo vede in causa per una rapina al distributore Shell di Romano di Lombardia del 2011. Ma lei cosa fa? Gli chiede il presidente del collegio giudicante. Moretti risponde: "Lavoro come operaio. Vede io sono un reduce, mi considero tale, dopo aver trascorso tanti anni di carcere". Seduto al banco dei testi, Moretti (assistito dall’avvocato Pietro Ferrari), ha un foglio in mano, uno scritto che vorrebbe leggere. Ma viene stoppato. E allora spiega: "Guardi signor giudice io con quella rapina non c’entro. Avevo ancora un residuo di pena da scontare (8 mesi) sono andato via dall’Italia, ho soggiornato tra Croazia, Slovenia, Italia". Sul piano giudiziario non è ancora finita. Adesso Moretti deve difendersi dall’accusa di una rapina da 250 euro più un assegno, al distributore di benzina in via Duca d’Aosta a Romano di Lombardia. È saltato fuori un Dna con il suo profilo genetico custodito nella banca dati. Una goccia di sudore che la scientifica ha trovato all’interno di un cappellino. Il giorno della rapina, alle 10 del 13 giugno 2011, un bandito solitario era entrato in azione con una pistola, passamontagna e cappellino in testa. Il bandito viene inseguito, raggiunto. Lui riesce a scappare e nel farlo perde il cappellino. Lì per lì quella prova non porta a nulla, ma è la sola traccia che verrà inviata al Ris. Alla vittima della rapina verrà mostrato un album fotografico con una serie di rapinatori, tra cui Moretti, ma non lo riconosce. In un secondo momento, la donna metterà a verbale di aver notato che il bandito aveva lunghi capelli bianchi. "Quel cappellino? Cosa vuole signor giudice – continua Moretti – io ne ho avuti centinaia. Le dico: è usanza di chi è stato in carcere che quando si esce si lasciano all’interno degli abiti. O si danno agli amici. Così ho fatto". Francesco Donadoni