Alzano (Bergamo) – La data è il 31 gennaio 2020, l’orario le 17.42. In quel momento Francesco Lubrano, dell’Ufficio Igiene dell’Asst Bergamo Est, invia alle strutture ospedaliere (e quindi anche a quella di Alzano Lombardo) "una sintesi delle indicazioni impartite dal Ministero della Salute". A questa è allegato un documento con le precauzioni indicate per tutelare il personale ospedaliero. Sono state rispettate, in quei terribili giorni del mese di febbraio 2020? La risposta nell’imponente informativa della Guardia di Finanza è severamente negativa quando scrive che "queste indicazioni sono state completamente disattese nell’ospedale di Alzano già prima dello scoppio dell’epidemia. Infatti, nonostante nei reparti e nel pronto soccorso ci fossero pazienti con gravi problemi respiratori, nessuno indossa dpi (dispositivi di protezione individuale - ndr ), nemmeno il 22 febbraio 2020, dopo avere effettuato il tampone a C. e R. (due pazienti positivi - ndr ) e neppure il 23 febbraio, nei reparti non coinvolti nella positività, così come dichiarato da molte persone sentite".
Le date
Eppure l’allarme dovrebbe risuonare già da giorni. Il 15 febbraio viene ricoverato un paziente in Medicina terzo piano, altri due lo seguono il giorno 21 nello stesso reparto, un quarto giunge al pronto soccorso il 23. Tutti risultano poi positivi. Il 20 febbraio un altro ricovero in Medicina. Il 22 febbraio Ernesto Ravelli, pensionato di 83 anni di Villa di Serio, entra in Chirurgia (in Medicina non c’è posto), dopo essere transitato dal pronto soccorso. Nella stessa giornata del 22 febbraio i due ricoverati sono sottoposti a tampone. Alle 13.04 di domenica 23 febbraio arriva l’esito: entrambi positivi. Come conseguenza, nel pomeriggio, il pronto soccorso di Alzano viene chiuso per qualche ora per la sanificazione.
La prima vittima
Ernesto Ravelli muore nella notte fra domenica e lunedì all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove è stato trasferito. È la prima vittima bergamasca del Covid, la quinta delle sette che già si contano a livello nazionale. "In tale contesto – osserva ancora il dossier della Finanza – la direzione medica avrebbe dovuto immediatamente rappresentare la gravità della situazione e disporre la ferrea osservanza del citato protocollo, come pure gli altri già emanati dal Ministero della Salute, con conseguenti riflessi sulla diffusione del virus tra il personale di Alzano. Le audizioni, invece, hanno confermato che la direzione medica, nemmeno a seguito dei tamponi del 22 febbraio, ha adottato provvedimenti precauzionali".
Indicazioni chiare
I "provvedimenti precauzionali" per schivare il contagio erano stati chiaramente indicati dall’Asst: igiene delle mani, igiene delle vie respiratorie, "mascherina chirurgica per contatto ravvicinato con chiunque mostri sintomi come tosse e starnuti", "mascherina Ffp2 quando sono necessarie procedure che possono generare aerosol, camice impermeabile a maniche lunghe non sterile e guanti". Seppure la direzione medica abbia fatto le rimostranze contro la riapertura del pronto soccorso e inviato mail "riguardo la grave situazione di pazienti, in attesa del referto che stazionavano nel pronto soccorso, emerge la grave disorganizzazione presente nell’ospedale sia prima che dopo il 23 febbraio, con decine di pazienti con malattie respiratorie, senza che il personale medico-ospedaliero indossasse i prescritti dpi e senza che qualcuno ribadisse quali erano le disposizioni ministeriali in merito".