GABRIELE MORONI
Cronaca

Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti, e il sogno impossibile: "Vorrei una vita normale"

La donna in questi nove anni di battaglie non ha mai abbandonato la casa di Mapello dove ha cresciuto i tre figli avuti con il marito all’ergastolo. Il fratello: "Si cerca di tirare avanti, ma niente è come prima"

Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti

Mapello (Bergamo) - "Vorrei una vita normale". Parole "normali" come il sogno che esprimono. Un desiderio legittimo che si scontra con quello che hanno lasciato anni terribili e con una realtà che rimane difficile. Marita Comi è la moglie di Massimo Bossetti, che nel carcere di Bollate sconta l’ergastolo definitivo per l’omicidio di Yara Gambirasio. La vita continua nella casa alla Piana di Mapello. Il marito in cella, tre figli, una madre anziana da accudire, fratello e cognata vicini. Dice Agostino Comi, il fratello: "Si cerca di tirare avanti. La vita continua. Quel fatto ha cambiato tutto. Dopo anni mia sorella vorrebbe tornare a un’esistenza normale. Anche se normale non tornerà più e lei lo sa. I ragazzi sono cresciuti e cercano di fare la loro vita".

Il lavoro e la famiglia

Marita oggi ha quarantaquattro anni. Lei, che non lavorava, subito dopo l’arresto del marito era stata assunta in una ditta di pulizie. È rimasto il suo impiego. Dei figli, Nicolas ha 21 anni, ha trovato occupazione in un’azienda artigiana; la sorella, maggiorenne da poco, si è diplomata in una scuola di grafica, la terzogenita ha 16 anni. Nicolas non era ancora quindicenne quando venne sentito a porte chiuse dalla Corte d’Assise di Bergamo come teste a difesa del padre. Sulle strategie, sulle opzioni difensive, le posizioni dei coniugi si sono divaricate da tempo. Il muratore di Mapello non ha smesso di affidarsi a Claudio Salvagni e Paolo Camporini, i legali che con un gruppo di esperti lo hanno seguito fino alla Cassazione.

Marita ha accanto un team di tredici persone: fra loro due avvocati, un docente universitario esperto in studi statistici sul Dna, due genetisti, una criminologa, due anatomopatologi, una grafologa, due analisti informatici. Lo coordina Carlo Infanti, che sul caso ha scritto un libro, "In nome del popolo italiano".

Le divergenze con il marito

Scelte diverse e momenti tempestosi verso la fine del 2019. Poco più di un anno prima la Suprema Corte aveva cristallizzato il carcere a vita, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non aveva ammesso il ricorso. Bossetti aveva affidato la sua contrarietà all’iniziativa della moglie a una raccomandata per ribadire che "gli unici avvocati che possono lavorare sul mio caso sono Salvagni e Camporini". Marita aveva scritto una lettera a una trasmissione televisiva: "È mio completo e assoluto diritto come moglie e madre nominare a mio nome altri avvocati che possano svolgere indagini difensive. Non c’è mai stata da parte mia l’intenzione di intralciare le indagini del pool difensivo di mio marito, semplicemente era una mia necessità sentire ulteriori pareri dopo aver assistito impotente alle tre condanne che Massimo ha ricevuto".

Parole di una donna forte, coerente con l’immagine di sempre. "Moglie di ferro", "guerriera". Si erano sprecati i titoli sui giornali, soprattutto dopo che Marita aveva deposto all’Assise bergamasca. Come si sarebbe comportata, le era stato chiesto, se avesse sospettato di Massimo? Drastica la risposta: "Lo avrei lasciato". Bossetti lo aveva detto in aula: nella linda casetta di Mapello era la moglie a comandare, a gestire le fatture, a inalberarsi se il marito non esigeva i pagamenti. Allora erano silenzi. Il duro silenzio di Marita era la punizione per il "Massi", che andava a cercare conforto da mamma Ester. Ester Arzuffi è stata portata via da un male impietoso. Laura Letizia, la gemella di Bossetti, ha voluto cambiare cognome. Con il tempo si è sfaldato il singolare gineceo che per anni aveva fatto quadrato attorno all’uomo in cella. Quasi un matriarcato.