
Violenza tra le mura di casa
Bergamo, 28 marzo 2019 – Un'altra brutta storia di violenze e maltrattamenti, che andava avanti da un paio di anni. Un marocchino di 37 anni, Youssef Sanhaji, residente a Medolago, è in carcere dopo avere insultato, minacciato e picchiato la moglie, incinta di nove settimane, e averle procurato un aborto a calci. Una situazione esplosiva.
A mettere fine a questa convivenza fatta di terrore, sopraffazione e prepotenza i carabinieri della Compagnia di Zogno che hanno eseguito la misura della custodia cautelare in carcere dell’uomo. I fatti si sono verificati a Medolago, dove abitava la coppia, e sono proseguiti dal 2016 come contestato dalla procura. Nel provvedimento del pm che si è occupata del caso, il sostituto Carmen Pugliese, c’è la ricostruzione della vicenda. Un rapporto che si era instaurato in un clima di paura. Dove volavano insulti, minacce e lesioni, episodi avvenuti anche alla presenza di un minore, figlio della vittima, nato da un precedente matrimonio. Con una certa frequenza, almeno 2 o 3 volte la settimana, il bruto, anche sotto l’effetto di alcol e droghe, percuoteva la moglie (i due si sono sposati in Marocco nel 2017) colpendola con pugni, o le tirava i capelli. La donna è stata più volte percossa, oltre che in casa, era derisa, insultata o apostrafata con improperi, anche davanti al figlio. Lui le impediva di avere delle amiche, o di frequentarle e per questo ogni due settimane le cambiava il cellulare. In due occasioni, nello scorso mese di novembre, è arrivato a prenderla a calci e pugni alla pancia tanto da procurarle l’aborto. Il punto di non ritorno. Questo episodio ha convinto la donna ribellarsi e a rivolgersi ai carabinieri per sporgere denuncia.
I militari hanno raccolto riscontri sia in relazione alle vicende che la vittima ha riferito, che alle precedenti violenze a cui la stessa era stata sottoposta, ma che aveva tenuto nascoste per paura di ritorsioni. In particolare quando si era rivolta ai vari ospedali riferendo le lesioni come derivanti da incidenti domestici. Dal racconto ne è emerso un quadro drammatico, una situazione che da un momento all’altro, vista la pericolosità dell’uomo, avrebbe potuto prendere una brutta piega. Da qui l’esigenza della misura cautelare in carcere, confermata dal gip. Durante l’interrogatorio in via Gleno, il marocchino, assistito dall’avvocato Ceruti, ha negato tutto.