Bergamo, 24 settembre 2022 - Era in aula Christian Michele Locatelli, 42 anni. Tranquillo, al fianco delle due avvocatesse che lo assistono, Federica Bonacina e Benedetta Donghi (entrambe del Foro di Lecco), ha ascoltato il pronunciamento della Corte d’Assise d’Appello di Brescia in merito al ricorso presentato dalla Procura di Bergamo contro la sentenza di primo grado che lo ha condannato a 18 anni e 3 anni di libertà vigilata per il reato di morte come conseguenza dei maltrattamenti. La morte della fidanzata Viviana Caglioni, 34 anni, dovuta alle percosse. In Appello, i giudici hanno deciso per un anno in più, 19 rispetto ai 21 e 4 mesi chiesti dal sostituto procuratore generale.
Per la difesa, Locatelli andava assolto. O in subordine il reato andava riqualificato in omicidio preterintenzionale. Locatelli ha preso la parola ricordando il dolore per la perdita della fidanzata e di non aver potuto elaborare in lutto: già in carcere, non partecipò ai funerali. Il pm Paolo Mandurino, titolare del fascicolo, aveva chiesto l’ergastolo per omicidio volontario aggravato dai motivi futili e abietti, dai maltrattamenti, dalla recidiva reiterata dopo l’espiazione di una condanna.
Nell’impugnare la sentenza, il sostituto aveva sottolineato un passaggio delle motivazioni della Corte d’Assise: "Locatelli agiva mosso da un senso di gelosia e di possesso nei confronti di Viviana in sé incompatibile con la volontà di ucciderla". Ora Locatelli, che si trova in carcere a Como, deve decidere se impugnare o meno. Un omicidio, il 31 marzo 2020, maturato in un ambiente di degrado nella casa di via Maironi da Ponte, quartiere di Valverde, dove Locatelli viveva con Viviana e con la madre di lei, Silvana Roncoli, parte civile; al piano di sotto lo zio Giampietro Roncoli.
Fu proprio lo zio, al terzo giro di interrogatori in Questura, a far scattare l’arresto dell’imputato. Raccontò delle botte prese dalla nipote a partire dal primo piano fino al pianoterra, nel suo appartamento; del tentativo della ragazza di sottrarsi al pugno in testa che la fece cadere a terra. Viviana Caglioni morì il 6 aprile 2020, dopo sei giorni di agonia in ospedale. L’imputato ha sempre negato la ricostruzione accusatoria. Viviana, è la sua versione, era caduta da sola, complici i problemi con l’alcol, e aveva battuto la testa.