FRANCESCO DONADONI
Cronaca

Moussa Sangare nega di aver ucciso Sharon: “Il coltello mi serviva per il barbecue. I vestiti? Gettati per paura”

L’unico imputato per l’assassinio della barista di Terno d’Isola si dichiara innocente. Indignati i familiari della vittima, l’avvocato di parte civile: “Dimostra di essere lucido”

Moussa Sangare, 31 anni, è accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni avvenuto a Terno d’Isola tra il 29 e il 30 luglio 2024

Moussa Sangare, 31 anni, è accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni avvenuto a Terno d’Isola tra il 29 e il 30 luglio 2024

Bergamo, 19 marzo 2025 – È verso la fine dell’udienza, fissata dalla Corte d’assise per affidare l’incarico della perizia, che Moussa Sangare, seduto al fianco del difensore, avvocato Maj, a un certo punto alza la mano per chiedere la parola al presidente della Corte Ingrascì (a latere il collega Longobardi). Era già successo alla prima udienza del processo per l’omicidio di Sharon Verzeni.

Ma questa volta l’imputato, 31 anni, in carcere a San Vittore da fine agosto si spinge oltre, va a ruota libera anticipando una fase del processo. “Non ci sono ancora prove che mi fanno colpevole su quel fatto”. E aggiunge: “Il coltello lo avevo nascosto in riva all’Adda perché mi serviva quando andavo a fare il barbecue. I vestiti li ho buttati nel fiume perché avevo paura che l’assassino mi individuasse, per questo mi sono tagliato i capelli e la barba”.

La marcia indietro

Moussa prova a ribaltare tutto dopo le confessioni davanti ai carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo, la seconda anche con il pm Marchisio e la terza nell’interrogatorio con il gip, che aveva convalidato il fermo.

Moussa nega di avere accoltellato Sharon la notte tra il 29 e il 30 luglio 2024, in via Castegnate, a Terno d’Isola, scendendo nei dettagli. Afferma di essere stato un semplice testimone. Frasi affastellate una dietro l’altra con cui l’imputato ha cercato ancora una volta di proclamare la sua innocenza.

Non c’è nessun video che mi riprende mentre uccido la ragazza. Si vede solo che scappo in bici (i Ris hanno trovato tracce di Dna sulla bici) ma tra il primo e il secondo video passa solo un minuto, se l’avessi fatto io ci avrei messo più tempo”.

Coltello e vestiti

Sangare parla mentre in fondo all’aula ad ascoltare ci sono il papà di Sharon, Bruno Verzeni, accanto a lui la sorella maggiore della vittima, Melody, e a fianco lo zio Ernesto. Sangare racconta che il coltello sepolto in riva all’Adda, fatto ritrovare da lui, fosse quello che usava per i barbecue con gli amici e che i suoi vestiti ripescati dai sommozzatori li gettò lui nel fiume. Ma per paura di essere riconosciuto dal vero assassino: “Questa persona mi ha visto”. È tornato a sostenere che dalla scena dell’omicidio stava soltanto fuggendo in bicicletta spaventato perché pensava di trovarsi di fronte a un fatto di sangue legato alla “droga o qualcosa di più grave. La versione è quella che sono scappato”.

E ancora: “Sono stato in caserma tre giorni senza dormire, senza sapere che cosa succedesse. Quando ho dichiarato quelle menzogne stavo fumando una sigaretta. Il tempo tra una telecamera e l’altra è un minuto – spiega degli impianti che lo ripresero in via Castegnate prima e dopo il delitto, ndr –. Sarebbe passato molto più tempo se fossi stato io, perché sarei dovuto scendere dalla bicicletta”.

Le reazioni della famiglia

“Ci vuole coraggio a dire quelle falsità”, ha commentato a fine udienza lo zio di Sharon. E l’avvocato di parte civile: “Prendiamo atto della ritrattazione dell’imputato – ha commentato fuori dall’aula Luigi Scudieri –, mi sembra che oggi abbia dimostrato la piena capacità di difendersi a processo. Ha ricordato molto bene tutto quello che ha fatto, evidentemente è un soggetto assolutamente lucido”.

Per quanto riguarda il conferimento per la perizia psichiatrica, la Corte ha affidato l’incarico alla dottoressa Giuseppina Paulillo, direttrice dell’Unità operativa complessa “Residenze psichiatriche e psicopatologia forense” dell’Ausl di Parma: inizierà a esaminare l’imputato il primo aprile, con la prossima udienza fissata per il 22 settembre, alle 10.30, per il suo esame.

Oltre ad accertare la capacità di Sangare di stare in giudizio e la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti, dovrà valutare in particolare se sia affetto da patologie psichiche, e quali, e se ci sia una pericolosità sociale. Il pm ha nominato lo psichiatra Sergio Monchieri di Brescia, la difesa Alessandro Calvo di Lecce e la parte civile Massimo Biza di Bergamo. L’avvocato Maj, che assiste Sangare, ha acconsentito all’acquisizione dell’intero fascicolo con gli atti d’indagine per ora solo al fine della perizia. Valuterà successivamente l’acquisizione per il processo.