Bergamo, 31 agosto 2024 – C’è un invisibile filo rosso-sangue che sembra legare i tanti, troppi femminicidi che nell’ultimo quindicennio hanno insanguinato la provincia bergamasca. Dall’orribile delitto di Yara Gambirasio fino a quello di Sharon Verzeni, risalendo ai casi insoluti del 2016, quello di Seriate, della pensionata Gianna Del Gaudio uccisa con un fendente alla gola nella cucina della sua villetta il 27 agosto, a quello di Colognola, periferia sud di Bergamo, quattro mesi più tardi, il 19 dicembre, il delitto della dirigente aziendale Daniela Roveri, trucidata quasi in maniera identica, nel pianerottolo davanti all’ascensore. Due delitti simili per contesto interno e tipologia di aggressione. È molto difficile legare questi due cold case irrisolti da otto anni a quello di Sharon: gli inquirenti, per non lasciare nulla di inesplorato, eseguiranno la comparazione del Dna dell’assassino di Sharon con le tracce genetiche rilevate a Seriate e Colognola. Per togliere ogni dubbio sull’ipotesi remotissima del seriale. Roba da libri gialli, non da gialli reali.
La realtà dei delitti nella Bergamasca racconta però di una serie di femminicidi tutti legati da un assurdo filo rosso: la mancanza di un rapporto tra la vittima e il suo carnefice. Uno sconosciuto o quasi. Eccezioni alla regola, perché nella strage dei femminicidi che ogni 36 ore insanguina l’Italia il colpevole quasi sempre è il lui di turno, attuale o ex: marito, fidanzato, amante. Il più vicino alla vittima, quello che la conosce meglio. Nella lunga scia di sangue che scorre al femminile nel territorio bergamasco non c’è mai questo rapporto. Yara non conosceva Bossetti, come Sharon non conosceva Moussa Sangare. Nel delitto di Seriate c’è la testimonianza del marito che, rientrato dal giardino nell’istante successivo all’aggressione, ha intravisto un incappucciato fuggire dal retro e dileguarsi nel buio. Non ci sono indizi di nessun genere nel giallo di Colognola, ma in questo cold case il sospettato numero uno è appunto un ignoto, un’ombra, uno spettro.
Massimo Bossetti ignoto lo è stato per tre anni e mezzo prima che un’indagine senza precedenti, rivoluzionaria nella storia delle investigazioni criminali, portasse alla sua cattura. Per stanare il reo confesso Sangare ci è voluto un mese, utilizzando al meglio le nuove tecniche insieme a quelle tradizionali, che hanno portato a testimonianze e riconoscimenti. Con un’indagine a 360 gradi per scannerizzare tutta la normale vita di Sharon, la brava ragazza della porta accanto, senza scheletri nell’armadio o segreti, partendo, come ormai si fa sempre, appunto da lui, dal suo lui, Sergio Ruocco, cui andrebbero delle scuse da parte di tutti noi, opinione pubblica, che dal pulpito del nostro divano, o dalla sdraio dove commentavamo con il vicino di ombrellone questo giallo di agosto, abbiamo inevitabilmente puntato il dito sul fidanzato, l’altra vittima di questo tremendo delitto. Perché quelle quattro coltellate hanno strappato a Sharon una vita da vivere e a Sergio una vita da vivere insieme, con il progetto di sposarsi tra un anno.
A uccidere Sharon è stato lo sconosciuto che si trovava acquattato nel buio di una notte qualunque, di un normale lunedì già diventato martedì, quando tutti pensavano alle ferie e una ragazza che passeggiava per perdere peso si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come la povera Yara tanti anni prima di lei, appena tre chilometri più in basso. Da un piccolo comune a un altro dell’Isola, l’area verde tra i fiumi Adda e Brembo, un’isola appunto, di benessere, buon tenore di vita, case di proprietà, macchine da lavare il sabato. Un’isola dove il male ha bussato alle porte di vittime trucidate da uno sconosciuto, un ignoto, senza un vero perché.