Vestiti, zaino, due braccialetti. Tutto ciò che Moussa Sangare indossava quando ha ucciso a coltellate Sharon Verzeni, la notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, è stato inviato al Ris di Parma, il raggruppamento investigazioni scientifiche dei carabinieri. Gli esperti dell’Arma analizzeranno tutti i reperti cercando tracce utili per il processo che vede il trentenne indagato per omicidio premeditato aggravato dai futili motivi.
Dopo il delitto, tutto nel fiume
Tutti quegli oggetti erano stati recuperati nel fiume Adda dai sommozzatori, a Medolago, paese a metà strada tra Terno e Suisio, dove viveva Sangare. È stato lo stesso Sangare, ora in carcere a San Vittore, a raccontare di averli gettati dopo l’omicidio.
Il ritrovamento dei reperto, insieme a quello del coltello, è avvenuto all’alba del 30 agosto scorso grazie a una squadra di sommozzatori che li ha recuperati a circa 6 metri di profondità, in una borsa rimasta adagiata al centro del fiume. Sui reperti saranno eseguiti accertamenti irripetibili che, hanno spiegato i carabinieri, richiederanno diverse settimane.
Il coltello “souvenir” dell’omicidio
Durante l’udienza di convalida del fermo, Sangare ha parlato del coltello che con cui ha ucciso Sharon e che, dopo il delitto, aveva sotterrato vicino all’argine dell’Adda: “Non l'ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo”. Quando il giudice gli ha chiesto se lo voleva tenere come un “souvenir” ha risposto: “Sì”.