Bergamo, 22 dicembre 2024 – Se non ci sono dubbi sulla perfetta riuscita della maxi-operazione di salvataggio della speleologa bresciana Ottavia Piana – 32 anni, di Adro – sull’accaduto sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri della Compagnia di Clusone per capire se la spedizione sia stata svolta seguendo regole e protocolli (al momento, non risulta aperto alcun fascicolo, ma la situazione potrebbe cambiare). I carabinieri hanno avviato verifiche sulla grotta e sul progetto scientifico che porta gli speleologi a calarsi nell’Abisso Bueno Fonteno.
Gli interrogatori
Accertamenti sono in corso su protocolli d’accesso, permessi e misure di sicurezza del “Progetto Sebino“. È un lavoro di raccolta di tutta la documentazione per chiarire alcuni aspetti, dalle autorizzazioni alle linee guida delle spedizioni sostenute da Comuni e università per la ricerca di acqua. In questa fase, come hanno sottolineato gli investigatori, oltre ad acquisire la documentazione cartacea, saranno ascoltati i componenti del Cai di Lovere (di cui Piana fa parte) e gli altri otto membri della spedizione finita con l’incidente. Quando le condizioni di salute lo consentiranno, verrà sentita anche Ottavia Piana.
I punti di domanda
Fra le domande: chi può entrare nella grotta? Chi ha le chiavi del cancello? Si accennava al salvataggio di Ottavia Piana, “una grande prova corale”, come l’hanno definita gli addetti ai lavori, complessivamente 159 tecnici del Soccorso alpino e speleologico arrivati da 13 Regioni (tra loro sei medici e otto infermieri) impegnati nelle operazioni di recupero, compresa una squadra sempre in grotta accanto alla giovane speleologa con turni sfibranti, anche di 15-20 ore. Fino alla notte di mercoledì 18 dicembre, ore 2.59, quando la barella che trasporta la speleologa ferita è emersa dall’oscura, angusta e impervia bocca dell’Abisso Bueno Fonteno, una sorta di labirinto roccioso nel quale già nel luglio 2023 era rimasta intrappolata. Una delle cavità carsiche più estese d’Italia, con i suoi 19 chilometri per 515 metri di profondità. Un paradiso da scoprire, per gli amanti di speleologia. Un paradiso che si è trasformato in inferno.
Ottanta interminabili ore
Lì, Ottavia Piana è rimasta bloccata per 80 interminabili ore. Dolorante, con fratture alle ossa facciali, alle vertebre, alle costole, agli arti. Ora la 32enne (lavora per l’azienda di famiglia) da un decennio impegnata in ricerche ed esplorazioni del sottosuolo, si trova ricoverata al Papa Giovanni XXIII. E dal letto dell’ospedale ha già voluto ringraziare tutti i suoi soccorritori: “Adesso ho solo bisogno di riposo”. Otto giorni fa la giovane si era addentrata nelle cavità dell’Abisso Bueno Fonteno insieme ad altri speleologi del “Progetto Sebino“. Stava mappando un ramo di recente scoperta, quando la parte di roccia su cui stava camminando si è staccata, facendola precipitare nel vuoto per 5-6 metri.
Il progetto
Il “Progetto Sebino“ è un programma scientifico “molto ambizioso che si prefigge, nel corso di un tempo sufficientemente esteso, di impostare e attivare uno studio il più possibile completo. Si occupa di ricerca esplorativa speleologica, fenomeni carsici nella zona del Sebino, quindi grotte e abissi naturali e i percorsi idrogeologici delle acque sotterranee”, si legge nella documentazione disponibile online. Per portare avanti le indagini sotterranee gli speleologi di Lovere e gli altri gruppi locali uniti nel “Progetto Sebino“ negli anni hanno partecipato a diversi bandi di finanziamento. Uno dei progetti più ambiziosi si chiama “100 chilometri di abissi“, sostenuto da Uniacque, l’azienda pubblica che gestisce la rete idrica nella provincia di Bergamo.