REDAZIONE BERGAMO

Uccise l'amico con un pugno, condanna ridotta in Appello

Alfredo Marchesi, 53 anni, fu condannato in primo grado a 8 anni per omicidio preterintenzionale. In secondo grado riconosciuta l'attenuante della provocazione da parte di Giuseppe Pesenti che lo stava fronteggiando con una chiave inglese in mano M.A.

Toghe (Imagoeconomica)

Bergamo, 23 ottobre 2015 - In primo grado, il 3 febbraio scorso, era stato condannato dal gup Ciro Iacomino a 8 anni per omicidio preterintenzionale. Ieri, invece, i giudici della Corte d’Appello di Brescia hanno ridotto la pena a 5 anni nei confronti di Alfredo Marchesi, 53 anni, residente nel quartiere Colognola di Bergamo, pregiudicato per reati contro la persona. Nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2014, al termine di una serata trascorsa al bar a bere, Marchesi aveva sferrato un pugno a Giuseppe Pesenti, 61 anni, artigiano di Azzano San Paolo, che lo stava affrontando con una grossa chiave inglese: a causa del colpo, il 61enne era caduto a terra e aveva battuto il capo, morendo il giorno dopo per i traumi riportati. Marchesi era stato sottoposto a fermo il 16 giugno, lo stesso giorno dell’arresto di Massimo Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. I giudici togati bresciani, nell’abbassare la condanna di tre anni, hanno riconosciuto a Marchesi, assistito dall’avvocato Andrea Pezzotta, l’attenuante della provocazione.

Secondo quanto accertato dalla polizia, Pesenti la sera del 13 giugno 2014 aveva bevuto con due conoscenti, tra cui Marchesi, al bar Azzanella di Colognola. Ubriaco, era stato riaccompagnato a casa, in via Trento, ad Azzano, dai due compagni. Alla guida della sua vettura si era messo proprio Marchesi, che dei tre era il più sobrio. Il 52enne e il terzo uomo erano poi tornati verso Colognola, fermandosi in una via della zona industriale, dove erano stati raggiunti di nuovo da Pesenti. E proprio lì era esplosa la lite per futili motivi. L’artigiano, impugnando una chiave inglese, si era avvicinato minacciosamente a Marchesi, che lo aveva colpito. Quindi era fuggito con l’altro amico. La squadra mobile era arrivata a lui dopo 24 ore, controllando il telefono della vittima e le telecamere della zona. In un primo momento Marchesi aveva ammesso di aver passato la serata con la vittima, ma non di averlo colpito. Ad inchiodarlo era stata la testimonianza della persona che si trovava con loro.