Bergamo, 24 novembre 2019 - Sono 76 nella Bergamasca le persone alle quali, finora, l’Inps ha revocato il reddito di cittadinanza (il dato è aggiornato al 7 novembre). Si tratta di quelle persone che volutamente hanno intascato l’assegno mensile pur non avendo mai avuto alcun diritto a riceverlo, oppure che, nel corso dei mesi, hanno omesso di comunicare che le condizioni reali per l’ottenimento del reddito erano decadute. Nei loro confronti sono scattate denunce penali, mentre l’Inps ha anche avviato le pratiche per il recupero del denaro indebitamente percepito. Dei 76 furbetti sorpresi dalla Guardia di Finanza, dai carabinieri e dagli stessi Comuni che ora sono abilitati a effettuare le verifiche, 25 sono residenti a Bergamo, 13 a Clusone, 13 a Grumello del Monte, 9 a Treviglio, 8 a Romano di Lombardia e 8 a Terno d’Isola. Tra loro c’è chi un lavoro nel frattempo l’ha trovato, oppure ha rimediato una condanna definitiva per qualche reato o chi si era spacciato per single o separato, mentre era regolarmente sposato, con un coniuge pure benestante.
Tra i casi più eclatanti, quello di una donna che aveva finto di essere divorziata, oppure quello di un’altra donna che percepiva il reddito ma lavorava di fatto in nero, mentre un immigrato marocchino si era dimenticato di dichiarare 17mila euro di reddito. L’attenzione delle forze dell’ordine è focalizzata in particolare sul lavoro nero, anche se il fenomeno, sicuramente diffuso nella Bergamasca, non è direttamente collegato al reddito di cittadinanza. I dati emergono dall’Osservatorio dell’Inps, l’ente incaricato di elargire gli assegni dopo l’entrata in vigore del provvedimento, lo scorso aprile, e, in questi casi, di procedere con la sospensione e il recupero delle somme (l’ammontare non è ancora noto, ma dovrebbe trattarsi di qualche centinaia di migliaia di euro). Al 7 novembre, l’Inps aveva accolto 6.922 richieste per ottenere il reddito, ne aveva respinte 4.883 e ne aveva ancora al vaglio 1.293. Le pratiche indicate come “decadute”, cioè frutto delle rinunce volontarie dei cittadini che hanno comunicato di aver perso i requisiti, sono in tutto 305 e comprendono anche i 76 casi “dolosi”. I sussidi revocati sono il frutto di verifiche condotte incrociando i dati di numerose banche informatiche ed effettuate dai comandi provinciali della Guardia di Finanza e dei carabinieri.
Rischia conseguenze anche in ambito penale chi percepisce il reddito di cittadinanza senza averne diritto. È infatti prevista la reclusione da 2 a 6 anni per coloro che rendono dichiarazioni false per ottenere il sussidio statale. Rischia il carcere da 1 a 3 anni chi non comunica variazioni di reddito o altre informazioni che determinano la perdita o la riduzione del reddito. In caso di attivazione di un rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa, l’azienda è tenuta a comunicare il fatto al centro per l’impiego. Coloro che ricevono il reddito di cittadinanza e vengono sorpresi a lavorare in nero rischiano la revoca del sussidio e la restituzione di quanto percepito, se hanno reso dichiarazioni false. Stesse conseguenze anche per coloro che non comunicano variazioni patrimoniali.