FONTENO (Bergamo)Da quando Ottavia Piana si è infortunata nell’Abisso Bueno Fonteno, ha trascorso con lei nella pancia inesplorata della terra 53 ore. Trenta prima, di cui 7 attendendo i soccorsi, e 12 poi, nei panni di soccorritore, tra gli ‘eroi’ che ieri alle 3,10 del mattino a forza di braccia hanno portato l’infortunata fuori dal labirinto di grotte. Parla con ancora l’adrenalina addosso Giorgio Pannuzzo, esperto del Soccorso alpino speleologico lombardo (esploratore con il gruppo Le Nottole di Curno, Bergamo), già operativo in scenari catastrofici quali il naufragio della Costa Concordia e il terremoto dell’Aquila.
"Quando è successo l’incidente eravamo giù in dieci per mappare rami su cui mai nessuno aveva messo piede – racconta –. Ottavia era avanti, a poca distanza di due di noi che a un certo punto hanno sentito delle urla. Sono andati a controllare e l’hanno trovata a terra, ferita. Le nostre norme di sicurezza impongono che un infortunato non venga mai lasciato solo. Così, via con le staffette: due speleo sono risaliti per dare l’allarme, altri due sono tornati a verificare meglio le condizioni di Ottavia e sono usciti a loro volta per comunicare informazioni dettagliate. A turno intanto si è cercato di fare il possibile per tranquillizzarla e scaldarla: c’è chi è rimasto una notte sdraiato sotto di lei. L’umidità è al 100%, l’ipotermia se si sta fermi è dietro l’angolo. Poi abbiamo improvvisato un intervento preparatorio al passaggio dei soccorritori, agganciando corde e smuovendo massi per aprire dei varchi. Abbiamo atteso insieme i soccorsi stringendoci attorno a una candela e al telo brillante degli incidenti che portiamo sempre con noi".
Dopo 30 ore nell’Abisso, Pannuzzo è uscito. "Ho dormito una notte e sono tornato giù, in veste di soccorritore – prosegue –. Le difficoltà sono state enormi, questa è stata una delle missioni più difficili: i passaggi erano stretti, a volte con dei salti da affrontare, con pozze profonde da attraversare. Tutto con la barella a spalle, anche sulla schiena strisciando per terra, o spostata con una teleferica. E dovevamo tener conto che Ottavia era ferita, non dovevamo sballottarla. Ma lei non si lamentava. Parlava poco e a bassa voce, come è sua abitudine. È una donna forte – sottolinea il collega – un’istruttrice esperta e preparata. L’incidente che le è capitato è incredibile perché è di una prudenza estrema. Per dire, se c’è da assicurarsi con le corde e tutti piantiamo uno chiodo, lei ne pianta due. Qui è successo che lei si muoveva su una cornice già percorsa da lei e altri colleghi che è franata. E’ caduta male e si è provocata più fratture. E ora è demoralizzata, oltre che preoccupata per le assenze che dovrà fare sul lavoro, nell’azienda di famiglia". Di qui, l’intenzione di non entrare più in grotta. "Il doppio infortunio le ha fatto pensare che il destino remi contro la sua attività da speleologa, quindi vorrebbe mollare. Noi tutti speriamo vivamente cambi idea, sarebbe una perdita enorme".