Bergamo – “È dura tutti i giorni. Oggi lo è ancora di più”. Sergio Ruocco, il fidanzato di Sharon Verzeni, lascia il Palazzo di giustizia di Bergamo con Bruno e Maria Teresa, i genitori di Sharon, e con Melody, la sorella della ragazza uccisa. Com'è stato vedere per la prima volta l'assassino di Sharon? Sergio fa una pausa di qualche secondo prima di rispondere: "Meglio lasciare perdere”. Sono arrivati insieme. Se ne vanno insieme. Dalla notte maledetta di quel 30 luglio Sergio non ha più lasciato la casa dei Verzeni, a Bottanuco, legato da un rapporto che con il tempo si è fatto sempre più stretto, quasi filiale. Si siedono, allineati, a non più di un metro dalla gabbia cinta di vetro dove fra poco comparirà Moussa Sangare. Tutti i presenti cercano di cogliere i loro sguardi quando viene introdotto l'imputato, giubbotto color prugna, profilato di bianco sui polsini, camicia rossiccia, occhiali da vista, jeans, capelli rasati, tra le mani un quaderno con la copertina verde.
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Quegli sguardi tra la famiglia e l’assassino
Sergio e Bruno Verzeni guardano verso di lui, Melody e la madre tengono gli occhi fissi davanti a sé. Poi Sergio lo osserva a lungo. Sangare non guarda verso di loro, poi dà una rapida occhiata. Esce dalla gabbia, va a sedersi accanto al difensore. Sergio lo segue con gli occhi, Bruno Verzeni lo fa per un momento. Lunga camera di consiglio per decidere sulla perizia psichiatrica. Tornato nella gabbia, Sangare prende un paio di appunti sul quadernetto, poi lo getta a terra e rimette la penna nel taschino.
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La testimonianza a Sergio Ruocco
Pausa anche per Sergio. Qualche parola con dei conoscenti. Una sigaretta fumata in cortile. Quando rientra in aula e torna a sedersi lo avvicina una donna, gli parla fitto fitto e alla fine si congeda con una stretta di mano. Si chiama Marinella. "Ho voluto - spiega - stringergli la mano, dargli la mia vicinanza e anche scusarmi per avere dubitato di lui fino all'arresto del colpevole. Per me è stato un trauma. Sono vissuta per due anni a Suisio, adesso sto a Bergamo. I Sangare abitavano sopra di me. Dopo che era morto il padre, Moussa e la sorella scendevano da me. Io aiutavo lui a fare i compiti”.

La doccia fredda
Il giorno dell’apertura del processo è stato contraddistinto dalla doccia fredda dell’accoglimento da parte della Corte d'Assise della perizia psichiatrica per Sangare. A cui si era opposto il pm Emanuele Marchisio. L’11 marzo sarà nominato un perito per valutare sia la capacità di stare in giudizio sia la sua capacità di intendere e di volere al momento dell'omicidio di Sharon Verzeni. “Siamo stati un po’ sorpresi dalla decisione della corte sulla ammissibilità per la capacità processuale – sono state le parole del papà di Sharon, Bruno –. Confidiamo lo stesso nella corte e speriamo di ottenere almeno giustizia”. Per poi aggiungere poco dopo: “Siamo un po’ esterrefatti del fatto che vogliano la perizia, soprattutto quella relativa alla capacità di essere di essere in giudizio. Questa cosa ci ha stupito, confidiamo nella giustizia e di ottenere un giudizio sincero e sicuro”.
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La tesi del pm
Il pubblico ministero Marchisio aveva, come si è detto, chiesto ai giudici di respingere la richiesta di perizia psichiatrica su Moussa Sangare per stabilire la sua imputabilità, mentre si era rimesso alla valutazione della Corte sulla sua capacità di intendere e di volere, pur sottolineando che sarebbe stato un "salto logico" dedurla da quelle che aveva definito "stranezze" nel comportamento dell'imputato quando uccise Sharon. “Sangare si è comportato "con una certa intelligenza" – ha sostenuto il pm –. È scappato, ha cambiato la bicicletta, si è tagliato i capelli". Ritenerlo incapace di stare in giudizio è una "forzatura logica". Per quanto riguarda la capacità di intendere e di volere al momento dell'omicidio il pm ha spiegato che si tratterebbe piuttosto di "apatia morale".