Terno d’Isola, 20 agosto – Lunedì Sergio Ruocco tornerà al lavoro nella ditta idraulica di Seriate dove è dipendente da ventitré anni. Un altro passo avanti, piccolo, con ogni probabilità inutile, alla ricerca di un simulacro di normalità. La normalità che quattro coltellate, sferrate con rabbia, si direbbe con odio, hanno lacerato insieme con la vita di Sharon Verzeni, la sua compagna. Sergio e questi venti giorni difficili.
Trentotto anni, calmo, riservato, eccolo, Sergio Ruocco, nella casa di Bottanuco dove è ospite dei genitori di Sharon. L’appartamento di Terno d’Isola, che da tre anni divideva con la fidanzata, è stato posto sotto sequestro. “Mi manca – dice ai giornalisti che subito lo stringono d’assedio – non averla più vicino, mi manca tutto... Ci siamo salutati prima che io andassi a letto. Noi stiamo male, purtroppo”.
Gli viene chiesto se è stato chiamato dagli inquirenti per essere nuovamente ascoltato come persona informata sui fatti, sarebbe la terza volta. “Per ora no. Se mi chiamano vado, non ci sono problemi per quello. Se può servire a qualcosa, ci vado volentieri”.
L’ultima maledetta notte
Il pensiero che torna, inevitabilmente, a quell’ultima sera, alla notte tra il 29 e il 30 luglio. “Ci siamo salutati prima che andassi a letto. Purtroppo non ne sapevo niente che usciva a quell’ora. Se fosse uscita prima, sarebbe stato diverso. C’erano in giro più persone”. Un desiderio, quello che accomuna le persone più vicine alla vittima. Sergio lo esprime con queste parole: “Vorremmo che ci lasciaste in pace almeno per qualche giorno perché stiamo male!”. È diretto Bruno Verzeni, il padre della vittima, rivolto ai giornalisti: “Mi state davvero stancando, non fate gli stalker, ci state portando via la nostra vita”.
La relazione e il sogno delle nozze
Sergio Ruocco aveva conosciuto Sharon nel 2011 a Bottanuco, il paese della ragazza. Negli ultimi tre anni la relazione sentimentale era passata a un livello superiore: prima la convivenza a Terno d’Isola, poi il corso pre matrimoniale, seguito fra febbraio e marzo di quest’anno alla parrocchia di Terno, le nozze nel 2025, nel frattempo la ricerca di un ristorante per la festa, l’idea di avere un figlio.
Una coppia schiva, che sembrava funzionare alla perfezione in una routine quieta e consolidata. Mai un litigio, mai una discussione arrivati alle orecchie della vicina del piano di sotto, nel condominio al numero 28/E di via Mario Merelli.
Racconto senza contraddizioni
Messo sotto pressione, com’era inevitabile, Sergio Ruocco ha fornito il suo racconto di quella serata, senza cedimenti, senza contraddizioni. Lo ha fatto la prima notte, quando è stato raggiunto dai carabinieri poco dopo la morte della compagna, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Lo ha fatto quando è stato riascoltato per cinque ore. L’alibi è stato confermato dalle telecamere. Quella pubblica ha ripreso solo Sharon che si allontanava, mentre l’immagine del convivente non è stata fissata neppure da quella privata, sul lato posteriore, dove una siepe separa le villette dalla strada sterrata che, attraverso i campi, porta a Bonate.
Se Sergio avesse tentato di scavalcarla avrebbe lasciato i segni del passaggio, di una compressione e forse si sarebbe graffiato. La notte del delitto è stato svegliato e fatto spogliare e non mostrava, ferite o escoriazioni. Così come Sharon non presentava ferite da difesa o tracce di colluttazione. Ha saputo della morte della sua compagna alle quattro del pomeriggio del giorno successivo. Due sere dopo l’omicidio Sergio, in compagnia del padre e di uno zio, è andato in via Castegnate, nel luogo dove Sharon ha incontrato il carnefice con il suo grosso coltello. Dagli inquirenti non riceveva notizie. Voleva vedere, provare a capire. Hanno fermato tre o quattro persone per chiedere se avessero visto qualcuno, ma due erano giornalisti.
La fiducia dei mancati suoceri
Saldo, privo di ombre, il rapporto di Sergio Ruocco con la famiglia Verzeni. Domenica pomeriggio è uscito con papà Bruno per una passeggiata nei campi. E ieri Christopher, 23 anni, il fratello minore di Sharon che poi è stato convocato dagli inquirenti con la sorella Melody e il cognato, ha confermato al crocchio dei giornalisti: “Di Sergio mi fido. Mia sorella c’è stata insieme per tredici anni. Si pente di non averle detto di stare a casa perché lui era andato a dormire”.