Bergamo, 2 settembre 2024 – Prima di raggiungere via Castegnate, dove la sua strada si è incrociata con quella di Sharon Verzeni, Moussa Sangare aveva fatto una breve sosta in un giardino pubblico accanto al torrente Buliga, a pochi passi dal luogo del delitto. Ha estratto il coltello e ha sfregiato al collo una statua di legno che raffigura una donna seduta, una macabra prova generale prima di uccidere dieci minuti prima dell’una quella passante, scelta a caso, che “aveva le cuffiette e guardava le stelle”.
Follia e lucidità
Un episodio emerso dalla confessione, resa davanti al pm di Bergamo Emanuele Marchisio, del 31enne fermato con l’accusa di omicidio premeditato, che oggi, lunedì 2 settembre, comparirà davanti al gip per l’udienza di convalida. Un gesto irrazionale, così come le minacce che avrebbe rivolto a due ragazzini durante il tragitto che dall’appartamento a Suisio occupato abusivamente da maggio lo ha portato a Terno d’Isola, 5 chilometri pianeggianti che in bici si percorrono in circa 17 minuti.
Il suo comportamento, dopo il delitto senza un movente, è stato però connotato da “lucidità” e dal tentativo di depistare le indagini, consapevole che i filmati delle telecamere avrebbero potuto ricondurre a lui.
Si è tagliato i capelli, cambiando i suoi connotati. Ha modificato alcune componenti della bicicletta, nel vano tentativo di rendere irriconoscibile il mezzo che usava abitualmente per spostarsi. Ha nascosto l’arma del delitto e gli altri tre coltelli che aveva portato con sé quella notte, i vestiti recuperati nel fiume Adda a Medolago. Poi ha condotto la vita di sempre, di giorno chiuso in casa e di notte a vagare per i paesi della zona.
Stordito dalle droghe
Fumava hashish e marijuana più del solito, secondo alcune testimonianze, come per stordirsi. Lo hanno incontrato anche a una grigliata. Fino a quando i carabinieri hanno stretto il cerchio e la notte fra il 28 e il 29 agosto è partita la caccia.
I carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo di Bergamo, come emerge da un’informativa agli atti dell’inchiesta, lo hanno individuato a Medolago, lo hanno pedinato e “alla luce della manifesta instabilità” lo hanno portato in caserma.
“Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza – ha spiegato lo sorella, Awa – per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. Per mio fratello nessuno si è mosso”.
I rapporti con la famiglia
Per stare accanto a lui la 24enne, che studia Ingegneria gestionale all’Università di Bergamo, aveva anche ritardato esami, lei e la madre hanno convissuto con la “paura” di quel giovane che “urlava, parlava da solo e delirava”.
C’erano state tre denunce (la prima nel luglio 2023) e segnalazioni ai servizi sociali del Comune di Suisio, e un episodio inquietante: Moussa si è avvicinato alla sorella, armato di coltello, alle sue spalle. La donna si è girata, lo ha visto e lui “si è fermato, è andato via ridendo”.
Negli ultimi mesi il 31enne non aveva più rapporti con madre e sorella, pur vivendo al piano terra della stessa palazzina. Dopo un viaggio negli Usa e poi a Londra, nel 2019, quel ragazzo che da adolescente frequentava l’oratorio del paese, senza mai un lavoro fisso una volta finite le scuole, aveva iniziato a fare uso di Lsd e “non era più lui”.
Già da prima si era interrotta la sua attività sui social: aveva smesso di pubblicare video delle sue canzoni, con il nome di Moses Sangare, pose da trapper e sogni di successo sfumati in nulla. E allarmi che sono rimasti inascoltati.