ANDREA GIANNI
Cronaca

Sharon Verzeni, l’ipotesi: pedinata prima dell’agguato. Colpita prima al torace, poi la fuga e i fendenti alla schiena

A un mese dalla morte della barista 33enne l’assassino resta un fantasma. L’arma del delitto non è stata trovata nonostante due giorni di ricerche con metal detector e magneti a Terno d’Isola

Milano – La prima coltellata a Sharon Verzeni potrebbe essere stata sferrata all’altezza del petto, da una persona che in quel momento si trovava di fronte a lei, mentre gli altri tre fendenti (quelli letali) hanno raggiunto subito dopo la schiena, probabilmente dopo che la vittima si è voltata in un vano tentativo di fuggire. Ipotesi emerse dai primi accertamenti, in attesa del deposito della relazione del medico legale che ha effettuato l’autopsia sulla salma della barista 33enne uccisa a Terno d’Isola un mese fa. Qualcuno l’ha attesa per colpirla o magari l’ha incrociata in via Castegnate, le ha rivolto la parola e poi l’ha accoltellata? La successione dei fendenti, in ogni caso, non esclude che Sharon possa essere stata pedinata da un uomo, che poi le si è parato davanti.

Magari una delle persone che, quella sera, si trovavano in piazza VII Martiri, cuore del paese, dove Sharon è passata prima di essere uccisa 10 minuti prima dell’una. Un’area che dista appena tre minuti a piedi dal luogo del delitto, camminando di buon passo. In ogni caso, il killer ha avuto fortuna. A un mese di distanza dal delitto, come confermato da fonti giudiziarie, non ci sono persone indagate per omicidio, anche a titolo di garanzia per svolgere accertamenti necessari. Nessun indagato tra le persone che Sharon conosceva, e neanche tra balordi, piccoli spacciatori del paese, squilibrati che potrebbero averla colpita magari di fronte a una reazione dopo averla avvicinata.

L’assassino resta un fantasma, l’arma del delitto non è stata trovata nonostante due giorni di ricerche con metal detector e magneti a Terno d’Isola che ieri si sono concentrate anche nei campi attorno alla casa dove Sharon viveva con il compagno, Sergio Ruocco: per i carabinieri, coordinati dal pm di Bergamo Emanuele Marchisio, resta fondamentale rintracciare tutte le persone riprese dalle telecamere quella notte (come il misterioso uomo in bicicletta che si allontanava in contromano) non ancora individuate. Prosegue inoltre la raccolta e l’analisi delle testimonianze alla ricerca di un dettaglio, di una circostanza all’apparenza irrilevante che potrebbe rivelarsi fondamentale. Un lavoro certosino anche per analizzare i filmati delle telecamere sulle strade attorno a Terno, le targhe delle auto transitate sotto gli occhi elettronici, per arrivare a ricostruire un ipotetico filo che lega Sharon al killer.

“Il vile assassino deve sapere che nessun ostacolo fermerà mai la sua identificazione”, fa sapere la famiglia della donna, assistita dall’avvocato Luigi Scudieri. Gli investigatori stanno intanto valutando, tra le altre piste seguite, le dichiarazioni di Mohamed Afifi, il 30enne egiziano titolare della pizzeria Mony’s in via Roma, a pochi passi da piazza VII Martiri. Nei giorni successivi al delitto, l’uomo si è presentato dai carabinieri per esplicitare i suoi sospetti. Ha parlato di un frequentatore abituale della zona, un marocchino di cui non ha saputo riferire il nome, che quella sera era presente in piazza e poi è scomparso. Una persona nota per il suo carattere aggressivo, uno degli attaccabrighe che “si ubriacavano rompendo bottiglie” e infastidivano i passanti. “Quella sera l’ho notato attorno alle 23.45 – ha spiegato il pizzaiolo –. Non lo vedo più da un mese, e per aver parlato con i carabinieri ho anche subito minacce”. Lo ha descritto come un uomo alto circa 1.70, di circa 35 anni, “corporatura normale”, barba e capelli corti castani. “Quella sera indossava una maglia gialla o arancione – prosegue – se ci sono immagini potrei riconoscerlo”.