
di Michele Andreucci
Erano accusati di truffa in concorso nei confronti di tre compagnie di assicurazione per aver denunciato danni inesistenti provocati ad arte con la complicità dei due titolari di una carrozzeria di Osio Sotto. Ma quattro dei sei militari della guardia di finanza finiti nel registro degli indagati, all’epoca dei fatti in servizio all’Accademia come autisti e piantoni e in un caso alla compagnia di stanza all’aeroporto di Orio al Serio, sono stati prosciolti dal gup Massimiliano Magliacani per aver messo in atto le condotte riparatorie previste dal codice penale (articolo 162 ter) e da quello civile (articolo 1208) entro la fine del procedimento di primo grado.
In sostanza i finanzieri hanno proposto e offerto alle assicurazioni il risarcimento del danno, depositando assegni circolari e bonifici ritenuti congrui e corretti dal giudice: dai 5mila ai 15mila euro a imputato, per una somma complessiva superiore ai 60mila euro. Per loro il reato è estinto.
Restano nel processo, invece, due finanzieri che non hanno messo in atto le condotte riparatorie del danno, omettendo di risarcire le assicurazioni, e i titolari della carrozzeria di Osio Sotto, padre e figlio, che rispondono in concorso di truffa per le condotte addebitate ai due imputati rinviati a giudizio.
In pratica i due carrozzieri sono stati prosciolti in relazione alle accuse riferite ai finanzieri usciti dal processo, perché hanno messo in atto le stesse condotte riparatorie rendendosi disponibili a risarcire quota parte del danno. Ma risponderanno come imputati di truffa per le condotte contestate ai due finanzieri rinviati a giudizio.
Per tutti, finanzieri e carrozzieri, il processo avrà dunque inizio il 23 marzo.
La vicenda della presunta truffa alle assicurazioni era emersa tre anni fa nell’ambito dell’inchiesta sulla banda campano-albanese dedita alle estorsioni ai danni di alcuni imprenditori bergamaschi, che ha portato alla condanna a 9 anni del presunto capo Rocco Di Lorenzo.
Nel corso di quell’indagine, il titolare della carrozzeria, figlio dell’altro indagato, aveva riferito agli inquirenti che alcuni finanzieri dell’Accademia avevano minacciato verifiche fiscali per ottenere riparazioni gratuite delle auto e rimborsi dall’assicurazione, simulando dei danni inesistenti oppure provocati ad arte.