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Bimbi ucraini in provincia
Valle Imagna (Bergamo), 2 luglio 2024 – In circa 48 ore ha superato quota 12mila firme la petizione online lanciata su Change.org dalle famiglie affidatarie di alcuni bambini ucraini scappati dall’orfanotrofio di Berdyansk a marzo 2022, poche settimane dopo lo scoppio della guerra, e che in questi anni hanno trovato ospitalità a Rota Imagna, Bedulita e Pontida; obiettivo dell’appello è scongiurare il rimpatrio dei bambini, previsto entro la fine dell’estate, “con garanzie approssimative riguardo le future strutture ospitanti e l’incertezza del mantenimento dei contatti con fratelli e sorelle”, spiegano le famiglie. “A settembre del 2022 anno i bambini hanno iniziato a frequentare le scuole del nostro territorio e a dicembre è partito un progetto di accoglienza nelle famiglie disponibili ad accogliere i bambini nelle loro case”, scrivono i promotori.
La preoccupazione
“Siamo molto preoccupati per il futuro di questi bambini”, scrive Michela Noris, che pubblicando la petizione si è fatta portavoce di tutte le famiglie affidatarie. “La guerra in Ucraina purtroppo non è terminata, il trasferimento dei ragazzi in questo momento di totale insicurezza è davvero necessario?”, si domanda Noris. “Possibile che non ci sia una soluzione alternativa?”. Per questo, scopo della petizione è “arrivare al cuore delle persone e delle istituzioni. Fermo restando che nessuno di noi vuole sostituirsi agli organi competenti o proporre soluzioni insostenibili, siamo tutti pienamente consapevoli che la questione logistica esiste e va affrontata con i dovuti modi, ma ci rivolgiamo a chi può fare qualcosa di concreto per loro”. “Siamo partiti con qualche pomeriggio insieme fino a dicembre 2023 quando la forma di accoglienza si è ulteriormente ampliata con la possibilità di far trascorrere la notte nelle nostre case, ricordiamo ancora la felicità dei due fratellini accolti da noi quando al mattino hanno potuto fare colazione in pigiama o quando ci hanno svegliati con il solletico. Piccoli momenti di quotidianità familiare che significano tanto per chi una famiglia non ce l’ha. Aprendo le porte delle nostre case non è sempre stato facile capire quale fosse la cosa migliore da fare, ma insieme abbiamo costruito rapporti sani, i bambini aspettano con ansia di stare nelle varie famiglie perché nonostante il tempo trascorso insieme sia poco, percepiscono e vivono le nostre case come un posto sicuro dove qualcuno li ha accolti, difesi, guardati, corretti, aiutati. Hanno nuovamente sperimentato il concetto di famiglia”.
“L’idea di rimpatriare tutti indistintamente senza considerare le specificità e i percorsi vissuti in questi ultimi 30 mesi, da ognuno di loro, ci sembra una soluzione semplicistica che non fa bene a nessuno”, affermano.
Proposte alternative
Le possibili soluzioni alternative: "Perché non incentivare uno “svuotamento dal di dentro” di questa esperienza, come già sta avvenendo. Diversi bambini e ragazzi si sono trasferiti negli Stati Uniti o sono rientrati in Ucraina attraverso progetti di affido temporaneo o di adozione internazionale (con famiglie ucraine). Altri sono diventati maggiorenni e hanno potuto scegliere percorsi di accompagnamento all’età adulta e di ricerca dell’autonomia. Non sarebbe forse più utile consentire a questa esperienza di continuare per i prossimi 12/24 mesi, allo scopo di trovare una soluzione familiare o altro, per ognuno di questi bambini e ragazzi, in Ucraina o anche fuori dall’Ucraina? Perché non provare a lavorare tutti insieme, Italia e Ucraina, per il bene di questi minori? Perché non ipotizzare di utilizzare gli istituti della “protezione” garantiti dal diritto internazionale che possa assicurare sicurezza per loro e per chi li accoglie?”. “Per noi famiglie la loro partenza rappresenta un colpo di spugna dopo due anni e mezzo di sforzi da parte dell’intera comunità: la scuola, gli educatori ucraini e Italiani, i compagni di classe, i nuovi amici, tutte le persone che in diverse forme si sono prodigate per integrarli nel miglior modo possibile. Qualcuno si è chiesto quale sia l’opzione migliore per i ragazzi? Qualcuno ha chiesto loro cosa ne pensano?”, si chiedono ancora le famiglie che hanno lanciato la petizione.
L’allarme delle istituzioni
Parallelamente all’appello delle famiglie, a gennaio c’era stato quello dei sindaci dei Comuni coinvolti dal progetto di accoglienza – Rota d’Imagna, Bedulita e Pontida – che reclamavano i fondi governativi per coprire le spese sostenute per i progetti educativi, le visite mediche e l’accoglienza dei bambini. Un “buco” da oltre un milione di euro che pesa come un macigno sulle casse municipali.