
Yara Gambirasio e Massimo Bossetti
Bergamo, 20 settembre 2015 - Con l'udienza che si è celebrata venerdì, il processo contro Massimo Bossetti, presunto assassino della tredicenne Yara Gambirasio, è entrato nel vivo, grazie ai racconti dei maggiori testimoni chiamati in aula da accusa e difesa. I genitori di Yara; la sorella Keba; le amiche di ginnastica della palestra di Brembate Sopra; Ilario Scotti, l’aeromodellista 52enne di Bonate Sotto che quattro anni fa scoprì il corpo della ragazzina in un campo di Chignolo d’Isola. La prossima udienza, il 23 settembre, vedrà sfilare gli investigatori - il comandante Lo Russo, dei Ros di Brescia e l’ex dirigente della squadra mobile di Bergamo, Bonafini - e lo scontro tra accusa e difesa è destinato ad accendersi. E ancora di più lo sarà il 2 ottobre, con la deposizione dell’antomopatologa forense Cristina Cattaneo, la cui relazione è uno dei pilastri del castello accusatorio.
Ma già nel corso dell’udienza di venerdì ha colpito l’attenzione dei presenti la battaglia fra il pm Letizia Ruggeri e i difensori di Bossetti, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sull’orario e il luogo in cui il cellulare di Yara si spense. Il brigadiere Santino Garro, dei carabinieri di Ponte San Pietro, ha ricostruito la sera del 26 novembre 2010: «Ero in caserma - ha detto - quando arrivò Fulvio Gambirasio a denunciare la scomparsa della figlia.Ottenni l’utenza telefonica della ragazzina e chiamai i colleghi di Bergamo, i quali disponevano del sistema denominato Carro, utilizzato nelle intercettazioni e in grado di dire in tempo reale se il cellulare è acceso e in quale macro area geografica si trova. Mi risposero che era acceso e risultava tra Monza e Novara. Il dato era però approssimativo e chiamammo la Vodafone, con la procedura del ‘soccorso pubblico’, che consente di localizzare la cella esatta: l’ultimo segnale era delle 18,55 e l’apparecchio agganciava la cella di Brembate Sopra, via Ruggeri».
Il luogo si trova a nord della palestra e dell’abitazione dei Gambirasio. «Ci sono delle contraddizioni - hanno fatto rilevare Salvagni e Camporini - perchè Fulvio Gambirasio ha dichiarato che i carabinieri quella sera gli dissero che il telefonino si trovava a Calusco. Inoltre Maura Gambirasio ha dichiarato che dopo le 19, quando chiamò Yara, sentì tre squilli prima che scattasse la segreteria. Dunque il telefonino era ancora acceso? ». Il dato è però smentito dai tabulati, dai cui risulta che la madre chiamò Yara alle 19,11 e 33 secondi, ma il cellulare era spento. «In ogni caso - hanno sottolineato i difensori - nessuno cercò Yara fino al mattino dopo, e questo è preoccupante, perchè poteva essere ancora viva». Accusa respinta dal brigadiere Garro: «Diramammo le ricerche a tutte le pattuglie della provincia». Mercoledì mattina si torna in aula.