Milano, 24 agosto 2012 – Sportivo da sempre e guardia degli azzurri del basket in carrozzina dal 1992, Damiano Airoldi, bergamasco classe 1970, è tra i protagonisti del team Italia alle Paralimpiadi di Londra 2012. Un incidente stradale lo ha costretto alla sedia a rotelle nel 1987, ma non ha potuto impedirgli di realizzare il sogno di diventare un professionista dello sport.
Siete gia' in ritiro a roma, a quando la partenza?
Saremo in ritiro fino al 22, poi due giorni liberi a casa e il 25 ci si ritrova per partire tutti insieme
Ormai siamo agli sgoccioli, come si sente? emozionato?
Per me è la seconda esperienza alle Olimpiadi: ho già partecipato ai giochi di Atene 2004. Ancora non mi sento emozionato, ma sono sicuramente entusiasta e speranzoso di fare un buon risultato. Ho un po' delle solite preoccupazioni che ti assalgono alla vigilia di appuntamenti così importanti, ma non devono prendere il sopravvento sulla concentrazione
La vostra partita con la spagna dara' il via al torneo. Come pensa che andra' questo match? gli spagnoli saranno un avversario ostico?
La Spagna è un avversario alla nostra portata e questo incontro potrebbe essere uno spartiacque fondamentale per noi: una vittoria ci garantirebbe di partire con il piede giusto e con il morale alto, mentre una sconfitta potrebbe portarci a un tracollo psicofisico.
Quali sono le squadre che lottano per la medaglia?
Le favorite del torneo secondo me sono Usa, Australia e Canada. Ma anche le europee, 6 squadre sulle 12 del torneo, giocano tutte ad altissimi livelli. La competizione è talmente forte che la Francia, vice campione del mondo, è stata eliminata alle qualificazioni olimpiche e non sarà presente a Londra.
A Londra avrete un calendario molto intenso, una partita al giorno per 8 giorni, come vi siete preparati?
La preparazione è stata molto intensa. Il nostro ritiro va avanti da 12-13 giorni al ritmo di due allenamenti quotidiani. Prima di questo ritrovo pre-olimpico, ci siamo allenati spesso insieme e in modo costante. All'inizio di questo ritiro, abbiamo ospitato qui a Roma la nazionale polacca e le amichevoli contro di loro ci sono servite per provare diverse formazioni e per testare nuove tattiche. Il basket in carrozzina è uno sport molto impegnativo dal punto di vista fisico: siamo tutti atleti semi-professionisti o professionisti, e ognuno di noi si allena tutti i giorni per almeno 5 o 6 ore
Parliamo un po' di lei, della sua storia, come e' arrivato a questo sport?
Io ormai sono un veterano: ho iniziato a giocare a basket in carrozzina nel 1990. Già prima dell'incidente ero uno sportivo, correvo in bicicletta in categoria juniores e per molti ero una promessa. E' stato l'allora presidente del Phb Bergamo, Luigi Galuzzi, a farmi avvicinare al basket in carrozzina: ci siamo conosciuti in un centro specialistico di Monza e con la sua insistenza mi ha portato a giocare per la prima volta. Da allora non ho più smesso
La sua carriera di club e' lunga e piena di successi.
Si, è iniziata a Bergamo, vicina alla mia città natale, Calcinate, dove ho giocato per più di 10 anni. Nel 2002 mi sono trasferito a Cantù, ho giocato di nuovo a Bergamo tra 2007 e 2009 e infine sono arrivato a Roma, dove sono rimasto 3 anni e dove ho vinto tutto tranne la Coppa dei Campioni, competizione dove ci siamo piazzati secondi nel 2010 e terzi nel 2011
Dove giochera' la prossima stagione?
Il prossimo anno tornerò a casa, a Bergamo. Il Phb è una squadra composta da tanti giovani e voglio condividere con loro la mia esperienza e aiutarli con la mia presenza in campo finché riuscirò a giocare ad alti livelli. L'obiettivo è di portare la squadra, che milita in A2, al massimo campionato, la A1.
Com'e' la vita quotidiana di un atleta del basket in carrozzina?
Ci si allena quattro volte alla settimana, e si gioca almeno una partita ogni sette giorni. I ritmi aumentano nei momenti più caldi della stagione, ad esempio quando ci si prepara ad un appuntamento europeo o, come in questi giorni, ad una Paralimpiade. Per quanto mi riguarda sono quasi due anni che non mi fermo un giorno: vado in palestra quotidianamente, anche solo per poche ore di allenamento
Com'e' il pubblico nel vostro sport?
I tifosi sono sempre molto presenti, anche se le piazze più calde, per me, sono Roma e Cantù. Il nostro problema è arrivare alla gente, perché dopo aver seguito il primo incontro, non ci lasciano più. La bellezza di questo sport è che dopo due minuti non si vedono più le carrozzine, ma solo l'agonismo dell'incontro. Questo è possibile perché le nostre squadre si compongono di atleti con handicap diversi e le diverse abilità fisiche aggiungono grande spettacolarità ai nostri incontri, oltre ad offrire diverse opzioni tattiche ai nostri allenatori. (Una regola assegna un valore da 0,5 a 4,5 a ogni giocatore, in base alla gravità del suo handicap. Il valore totale del quintetto in campo non può superare 14,5 punti, ndr)
Damiano, che cosa rappresenta per lei la pallacanestro in carrozzina?
Sono contento di essermi avvicinato a questo sport che mi ha dato la possibilità di portare avanti il mio sogno di diventare uno sportivo professionista nonostante tutto e, inoltre, di raggiungere i massimi livelli in questa competizione. Per me questa è non solo una valvola di sfogo, ma è un luogo dove scendono in campo i valori umani. Per questo ringrazio la mia famiglia, che mi ha trasmesso da sempre i valori veri dello sport: il rispetto e il sacrificio, necessari per arrivare lontano.
© Riproduzione riservata