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Scritte sulla legge 194 sull'aborto
La sentenza choc della Corte Suprema degli Stati Uniti sull’interruzione volontaria di gravidanza secondo molti riporterà la condizione delle donne americane indietro di 50 anni. Ma anche per le donne italiane la possibilità di abortire è spesso contrassegnata da notevoli difficoltà, nonostante il diritto garantito dalla legge 194 del 1974. In Lombardia, il 60% dei ginecologi risulta essere obiettore di coscienza, secondo l’indagine fatta da Paola Bocci, consigliera regionale del Pd, che annualmente analizza la situazione sul territorio. Inoltre delle 9.888 Ivg del 2021 (-12% in due anni), solo il 35% è avvenuto tramite Ru486, l’aborto farmacologico previsto in Italia dal 2009.
Guardando alle varie strutture, solo un 25% ha una percentuale di obiezione sotto il 50%. Sia nel 2020 che nel 2021, 7 strutture erano al 100%: Saronno (Varese), Gardone, Montichiari, Iseo (Brescia), Oglio Po (Cremona), Romano di Lombardia (Bergamo), Asola (Mantova). Quest’ultima è risultata l’unica tra le 7 strutture ad usare ginecologi gettonisti a chiamata. Cinque ospedali sono, invece, oltre l’80%: Tradate, Angera, Gallarate (Varese), Gavardo (Brescia), Pieve di Coriano (Bergamo). Ci sono poi specificità territoriali: in provincia di Bergamo, tutte le strutture, tranne Alzano, sono sopra il 70%.
Le province con il tasso di obiezione di coscienza più alto, cioè oltre il 75%, sono Mantova (esclusa la città), Bergamo, Varese e Brescia. Situazione analoga è stata fotografata anche da Mai Dati! di Chiara Lalli e di Sonia Montegiove. L’indagine del 2021 evidenziava che, fra le strutture di cui è stato possibile reperire i dati, in Lombardia, 3 avevano il 100% di obiettori: Area Distrettuale Saronno (Milano), Polo Ospedaliero Saronno e Area Distrettuale Busto Arsizio (Varese); erano invece sopra l’80% Asst Papa Paolo Giovanni XXIII (Bergamo), Polo Ospedaliero Gallarate e Ospedale di Angera (Varese), Ospedale di Iseo (Brescia).
L’indagine aggiornata a maggio scorso ha evidenziato un’importante lacuna sui numeri, perché quelli forniti nella relazione del ministero della Salute sono dati chiusi e aggregati per Regione, molto diversi da quelli ottenuti dalle ricercatrici, tramite accesso civico generalizzato. Inoltre, servirebbe sapere anche chi tra i non obiettori esegue realmente le Ivg, visto che "in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie, oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono". Temi che sono stati portati all’attenzione dei ministri Speranza e Cartabia, con una lettera inviata dall’associazione Luca Coscioni, perché "ottenere un aborto è un servizio medico – ricordano Lalli e Monegiove – e non può essere una caccia al tesoro".