Brescia, 11 dicembre 2020 - L’assoluzione per vizio totale di mente di Antonio Gozzini, l’ex docente che il 4 ottobre 2019 ha ucciso a coltellate la moglie Cristina Maioli, 62 anni, ha scatenato polemiche feroci. Reazioni indignate rimbalzate in tutta Italia, cavalcate dalla politica, che hanno spinto il presidente della prima Corte d’Assise, estensore del verdetto, a prendere posizione con una nota contro quelle che lui definisce "informazioni fuorvianti". «Appare necessario in attesa della stesura delle motivazioni della sentenza tenere distinti i profili del movente di gelosia, ben noto alla Corte d’Assise di Brescia che in ragione di tale distorto rapporto di coppia di recente ha irrogato due ergastoli, dal delirio di gelosia, situazione patologica da cui ne consegue una radicale disconnessione dalla realtà, tale da comportare uno stato di infermità che esclude, in ragione di un elementare principio di civiltà giuridica, l’imputabilità", ha scritto il giudice Roberto Spanò.
"I consulenti del pm e della difesa hanno concluso concordemente, sostenendo che la patologia delirante da cui Gozzini era, ed è, portatore escludeva ed esclude in radice la capacità di intendere e volere in relazione al fatto commesso". Non solo: "Il pm ha concluso sostenendo che non fosse stato spinto da motivi di gelosia, ma da una differente ragione conflittuale estemporanea (la vittima pressava affinché il marito curasse seriamente la depressione da cui era affetto, ndr) escludendo la dinamica tipica del femminicidio, che riguarda l’uccisione di una donna in quanto donna". Detenuto a Opera e malato di Covid, Gozzini non è stato scarcerato. Andrà in una Rems in ragione del suo "persistente stato di pericolosità".