BRESCIA – La Procura la scorsa udienza aveva chiesto cinque condanne comprese tra i cinque e i nove anni. Tre degli imputati, ieri, nella speranza che il giudice accordi loro pene più contenute, si sono detti invece pronti a “collaborare” con la giustizia e a consegnare le “chiavi” di accesso di altri 17 bitcoin, corrispondenti a circa un milione e 700mila euro. Una fortuna. E già nei mesi scorsi si erano svuotati le tasche mettendo a disposizione altri due milioni e mezzo in criptovalute, pari in buona sostanza a due terzi dei proventi illeciti. Si parla dei fondatori e degli amministratori del “Berlusconi Market”, la piattaforma in stile Amazon ma illegale del dark web all’interno della quale, navigando in anonimato prima che la piattaforma venisse smantellata, era possibile procacciarsi di tutto, dai kalashnikov alle granate alle bombe a mano, dalla droga ai documenti falsi, alle carte di credito e ai prodotti contraffatti passando per gli psicofarmaci.
La pm Erica Battaglia si imbattè nell’enorme emporio italiano fuorilegge qualche anno fa indagando sul terrorismo, essendo del resto il dark web un riferimento per l’Isis in cerca di affiliati. Dopo le condanne a quattro anni e rotti per associazione a delinquere finalizzata a una serie variegata di reati (condanne ormai definitive), i tre protagonisti dell’e-commerce illegale, tutti incensurati ed ex studenti brillanti - un ingegnere informatico di Bari, di trent’anni, e due cugini di Barletta, uno studente di Medicina e l’altro titolare di una ditta di cambio per bitcoin tra i 25 e i 31 anni - sono di nuovo a processo, ancora in abbreviato, stavolta in compagnia del fratello di uno di loro, un 25enne pugliese, e di un 43enne romeno di casa a Brescia.
Le contestazioni nascono dall’inchiesta originaria, e nello specifico a questo giro si concentrano sui traffici di stupefacenti, soprattutto cocaina, la cui compravendita imperversa nel lato oscuro della Rete. Il primo coimputato è accusato di avere soprattutto gestito acquisiti e spedizioni delle partite di droga, cedute online e poi spedite con pacchi postali, di aver fatto campagne promozionali per la piattaforma, curato i forum, pubblicato gli annunci online, e creato portafogli virtuali per depositare i proventi illegali in criptovaluta.
Il 43enne romeno invece è ritenuto un factotum incaricato in particolar modo del recupero materiale e della cura dei rapporti con gli exchangers. Ma a processo, in dibattimento (a febbraio), comparirà pure un sesto imputato (ma con rito ordinario e non abbreviato come gli altri): uno dei primi difensori del gruppo. Mentre non compare in questo filone d’indagine un altro degli amministratori della piattaforma criminale, un hacker trentenne siciliano arrestato e balzato agli onori delle cronache lo scorso autunno per avere rubato migliaia di atti giudiziari dai server della procura di Brescia relativi non a caso all’indagine sul ‘Berlusconi market’ in cui rsultava coinvolto.
Ai cinque imputati, che si muovevano online indisturbati sotto i suggestivi nickname di ‘Vladimir Putin’, ‘Emmanuel Macron’, ‘G00d00’, sono contestate circa 40mila transazioni illegali tra il 2017 e il 2019. Adesso in tre - gli amministratori - si mostrano disposti a restituire altri bitcoin. Il processo prosegue il 30 aprile.