BEATRICE RASPA
Cronaca

La Maserati di Giacomo Bozzoli era in una stradina di Marbella. Restano le ombre sulla sua fuga: chi l’ha aiutato?

Il Suv usato per scappare è stato individuato dalla polizia spagnola. La Procura cerca di ricostruire come (e con chi) l’ex latitante sia riuscito a tornare in Italia

Giacomo Bozzoli e la Maserati utilizzata per la fuga

Giacomo Bozzoli e la Maserati utilizzata per la fuga

Brescia – La macchina del mistero è saltata fuori. La Maserati Levante di Giacomo Bozzoli utilizzata il 24 giugno scorso per lasciare l’Italia con la compagna e il figlio una settimana prima della condanna definitiva all’ergastolo, era posteggiata in una via secondaria di Marbella, nel sud della Spagna, dove il 39enne omicida dello zio Mario - almeno secondo la giustizia, perché lui continua a professarsi innocente - aveva trascorso gli ultimi giorni di vacanza in libertà. Chiusa, regolarmente parcheggiata. Ad avvistarla l’altro ieri tra le 18 e le 19 è stata la polizia spagnola, che ha subito avvertito gli inquirenti di Brescia. I quali adesso, con il trascorrere delle ore, iniziano a pensare che la fuga dell’ergastolano più famoso d’Italia non sia stata poi molto programmata.

Troppe incertezze, troppi errori. Certo, l’inchiesta aperta per procurata inosservanza della pena - a carico di ignoti - continua. La procura vuole verificare che Bozzoli quegli undici giorni da latitante, prima che il 10 luglio scorso fosse scovato nella sua villa di Soiano, sdraiato nel cassone del letto della camera degli ospiti, con le doghe in legno schiacciate in faccia, abbracciato a un borsello con 50mila euro, non li abbia trascorsi con l’appoggio di qualche complice.

Il Suv nero era stato avvistato dalle telecamere un mese fa all’alba in transito tra Manerba e Desenzano. Era diretto Cannes, poi a Valencia, infine a Marbella, dove il 30 giugno la famiglia era stata immortalata dalle telecamere della reception dell’hotel Hard rock. Che cosa sia successo dal giorno seguente, quando la Cassazione ha chiuso il caso di Mario Bozzoli, l’imprenditore gettato in uno dei forni della fonderia di Marcheno l’8 ottobre 2015 stando all’accusa dal nipote Giacomo, è confuso.

Il condannato, la compagna Antonella e il figlio di 9 anni improvvisamente spariscono dai radar. Sono giorni di ricerche forsennate, di appelli lanciati dai parenti affinché gli scomparsi si palesino, giorni di fiato sospeso. Una latitanza di gruppo - con un bambino coinvolto, poi - aveva lasciato tutti di stucco e appariva improbabile. Senonché mamma e figlio quattro giorni dopo sono ritornati in Italia in treno, da soli. Del capofamiglia non c’è stata traccia fino al 10 luglio seguente, quando i carabinieri, imbottita la villa di Soiano di microspie, hanno fatto irruzione, e lo hanno trovato appunto sotto il letto. A tradire Bozzoli, un tentativo di mettersi in contatto con una telefonata. Una leggerezza. L’ipotesi più accreditata è che il 39enne, abbandonata in Spagna la Maserati, sia tornato a Brescia con qualche mezzo a noleggio, o prendendo passaggi. Forse in crisi per il distacco dal figlio, del quale nel carcere di Bollate chiede in continuazione, oppure per recuperare contanti con cui poi proseguire la fuga. Dettagli che potrebbe fornire solo il diretto interessato, sotto shock dopo l’ingresso in carcere. La procura intende interrogarlo, ma non ha fretta. La cosa fondamentale - che Bozzoli sia assicurato alla giustizia - è compiuta. Quanto all’auto abbandonata, gli inquirenti hanno chiesto alla polizia spagnola di tenerla in custodia. Non c’è l’intenzione per ora di riportarla in Italia ma di farla perquisire dalle forze dell’ordine spagnole. La chiave del Suv poi non si trova. I carabinieri cercheranno di procurarsene una copia tramite la compagna di Bozzoli o la casa produttrice del mezzo.