BEATRICE RASPA
Cronaca

Brescia, inchiesta 'pizza connection': "Sorrentino agiva con metodi mafiosi"

Il pm chiede la condanna per il ristoratore. La difesa: solo congetture

di Beatrice Raspa

Massimo Sorrentino? "La sua fama criminale si estende a tutta la città. Incutendo paura creava un clima favorevole alle richieste estorsive. Le sue erano estorsioni ambientali". Per la Procura, che ai giudici ha chiesto una condanna "secondo giustizia" del ristoratore, le sue condotte erano aggravate dal metodo mafioso. Ieri si è conclusa la requisitoria del pm Paolo Savio al processo per la ‘pizza connection’ bresciana, l’inchiesta che nell’autunno del 2018 aveva posto in luce un giro di estorsioni, atti intimidatori e incendi a opera di una serie di pregiudicati campani e calabresi. Per l’accusa, al centro di una corte costituita da tossicodipendenti pronti a tutto per pagarsi le dosi, c’era la pizzeria Tre Monelli, "base operativa per pianificare attività illecite, dalla compravendita di merce rubata allo spaccio. E sul trono c’era lui, Sorrentino, che spacciava cocaina in prima persona". In particolare il ristoratore è ritenuto il mandante di una tentata estorsione ai danni di Frank Seramondi, il titolare della pizza al taglio di via Valsaviore ucciso con la moglie nell’agosto 2012: Sorrentino offrì 15mila euro per ripulirgli il piazzale dagli spacciatori. E ancora, di un incendio della Lancia Y della proprietaria dell’immobile nel quale la pizzeria di via don Vender era in affitto, per l’accusa un modo per costringerla a vendere lo stabile al prezzo a lui più favorevole, e poi di un incendio della veranda del bar Tribunale (contestazione che Savio ha chiesto di riqualificare in illecita concorrenza con minaccia). Sorrentino era rimasto coinvolto poi in una violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza che, colpo di scena, ha ritrattato a dibattimento. Di qui una richiesta di assoluzione da parte della pubblica accusa. Con Sorrentino sono imputate 14 persone, tra cui due ispettori di polizia in pensione, Nicolò Cunsolo e Enzo Origlia, che rispondono di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine. Nel complesso sono undici le condanne richieste - sempre ‘secondo giustizia’ – tre le assoluzioni, e un proscioglimento per morte del reo. Il procedimento prese le mosse dal rinvenimento nel locale di via don Vender di due pistole, due fucili e passamontagna, fatti per cui il ristoratore e un cameriere sono già stati condannati in un giudizio separato. A casa di Sorrentino la polizia sequestrò una montagna di merce di dubbia provenienza, dai gioielli ai quadri, dalle motoseghe alla carrozzine per disabili. L’avvocato Gianbattista Scalvi, che assiste il ristoratore, ha chiesto l’assoluzione da tutte le accuse. La tentata estorsione a Seramondi? "Sorrentino e Seramondi si frequentavano, Frank non aveva timore di lui. A quella battuta fu dato un peso sbagliato, dopo l’omicidio la polizia cercava a tutti i costi una pista da seguire".

Anche per l’incendio dell’auto della padrona dell’immobile dei Tre Monelli, non sarebbe provato il collegamento tra l’autore del rogo, solo un danneggiamento, e Sorrentino. "Il mio assistito non ha costretto la signora a vendere". Nessuna prova nemmeno che vi fosse lui dietro l’incendio del bar del Tribunale, che spacciasse o che la merce trovata a casa sua fosse rubata. Scalvi si è poi soffermato sul metodo mafioso, una "congettura". "Il pm ha ricordato che la minaccia mafiosa può attuarsi nel silenzio, perché un codice comprensibile alla vittima – ha arringato -. Ma tale codice è riconoscibile solo in un territorio permeato dalla mafia. Brescia per fortuna non è in queste condizioni. Non esistono da noi estorsioni ambientali generalizzate". Si prosegue a dicembre.