Brescia, 20 dicembre 2024 – Lady Golpe, ovvero la donna degli intrighi e del mistero. Che scrive, tiene tutti con il fiato sospeso annunciando rivelazioni scottanti, accusa il superinvestigatore della procura di Brescia Massimo Giraudo (che ha indagato sulla strage di piazza Loggia) di averci provato pesantemente con lei - facendo aprire un’inchiesta a Roma per stalking - ma poi di fronte alla possibilità di presentarsi in aula e raccontare tutto, sparisce. Non si presenta. “Sono malata” fa sapere via email, non allegando alcun certificato. E per portarla a testimoniare davanti al tribunale dei minori - dove è in corso il processo all’ex ordinovista veneto Marco Toffaloni, imputato di aver messo la bomba di Brescia il 28 maggio 1974 quando aveva 16 anni - non funziona neppure l’accompagnamento coatto disposto dal presidente Federico Allegri, perché le forze dell’ordine non la trovano. Non trovano né lei, né il figlio.
Carta d’identità
Lady Golpe è Donatella Di Rosa, 65 anni, la chiacchierata e seducente signora balzata agli onori delle cronache nel 1993 per le sue rivelazioni - poi ritenute infondate - su un presunto colpo di Stato tramato tra gli anni ‘80 e ‘90 da alti ufficiali italiani, tra cui l’ex marito, il colonnello della Folgore Aldo Michittu, il suo amante di allora, il comandante Franco Monticone, e il neofascista dei Nar Gianni Nardi, morto nel 1976 in un incidente (il cui corpo, dopo le rivelazioni, fu riesumato per provarne l’identità).
La storia provocò un terremoto e sfociò nel taglio di parecchie teste, sebbene nulla di quanto dichiarato da Lady Golpe risultò provato. Lo furono invece le calunnie, che le costarono il carcere e una condanna a due anni e otto mesi. Di recente Di Rosa è tornata a far parlare di sé: lo scorso febbraio puntò il dito contro l’ex comandante del Ros, generale Massimo Giraudo, che l‘aveva sentita nell’ambito appunto del procedimento sugli esecutori materiali della strage.
Lo stalking
Giraudo stando a Lady Golpe avrebbe le avrebbe fatto proposte hot, invitandola a cena e inondandole il telefono con duemila messaggini e video osé. La donna buttò lì che l’investigatore avrebbe avuto comportamenti inopportuni pure con Ombretta Giacomazzi, la teste chiave dell’accusa nei due processi in corso, ma la stessa in aula ha smentito categoricamente l’illazione. In ogni caso la procura di Roma ha aperto un fascicolo sull’affaire Giraudo. Peccato che Di Rosa non abbia mai consegnato il telefono contenente le presunte prove contro il generale, e che gli inquirenti per sei volte l’abbiano convocata senza successo.
La minaccia di un gesto tragico
Nel suo telefono Di Rosa sostiene di conservare anche le prove del coinvolgimento nella strage di personaggi potenti. Avrebbe dovuto presentarsi in aula a Brescia già il 4 dicembre, in qualità di teste della difesa di Toffaloni, ma non si è vista. Qualche giorno prima aveva inviato a tribunale una pec annunciando di volerla fare finita, lei vittima di “torture”, “minacce”, “sola”, “abbandonata”, “tradita”. Che ha “vissuto dal dicembre 2023 solo per proteggere telefono, documenti, agende e foto che non solo dimostrano l’indole crudele e manipolatoria di Giraudo”, ma confermerebbero le condotte oscure dei potenti di sua conoscenza.
Il colpo di scena
Ieri avebbe dovuto presentarsi perché chiamata coattivamente a testimoniare. Ma niente. I carabinieri l’hanno cercata tra Roma e Brescia, dove vivrebbe il figlio, ma dei due, mamma e figlio, non v’è traccia. Risultato: al termine di un’udienza incentrata su un confronto tra il perito, e i consulenti sulla foto in bianco e nero scattata subito l’esplosione in piazza nella quale comparirebbe il giovanissimo Toffaloni, il tribunale ha dato a Di Rosa un ultima possibilità: palesarsi in aula il 9 gennaio.