BEATRICE RASPA
Cronaca

Brescia, l’orologiaio di lusso freddato nel 1997. Sul Dna l’ombra dell’errore, per la difesa il reperto è sporco e non attendibile

Dopo 27 anni la Procura di Brescia avrebbe individuato il terzo uomo coinvolto nell’assassinio di Carlo Mortilli ma la “prova regina” per accusarlo rischia di mancare all’appello

La sera del 21 maggio 1997 fu ucciso Carlo Mortili nel parcheggio dell’hotel West Garda di Pedenghe dopo una rapina degenerata

La sera del 21 maggio 1997 fu ucciso Carlo Mortili nel parcheggio dell’hotel West Garda di Pedenghe dopo una rapina degenerata

Brescia, 27 settembre 2024 – Come previsto, la chiave di volta del processo è la prova regina: il Dna dell’imputato, al centro di una battaglia di consulenze a opera dei vertici del Ris di Parma. Nuova udienza ieri in Assise per l’omicidio di Carlo Mortilli, il rappresentante di orologi di lusso che la sera del 21 maggio ‘97 fu freddato a colpi di pistola nel parcheggio dell’hotel West Garda di Padenghe al culmine di una rapina degenerata. Dopo 27 anni la Procura crede di avere individuato il terzo uomo - per il caso furono condannati Marcello Domenico Fortugno, e Fabio Consolato - sfuggito alle maglie della giustizia: il siciliano Alessandro Galletta, già scagionato per mancanza di riscontri certi. L’indagine fu ripresa in mano nel 2022 con l’ingresso di Galletta a Rebibbia (per ragioni che nulla c’entrano con l’omicidio), quando si scoprì che il suo profilo genetico combacerebbe con il Dna estrapolato da una tracca di saliva individuata su una calzamaglia repertata sulla scena del crimine.

La valutazione del generale Garofano

L’ex comandante del Ris di Parma generale Luciano Garofano, consulente della difesa, ha instillato il dubbio dell’errore che potrebbe insinuarsi dietro la presunta corrispondenza. A occuparsi nel 2000 dell’estrazione del Dna dal reperto fu il suo vice, l’allora capitano Marco Pizzamiglio (oggi colonnello, consulente dell’accusa, ndr) che riunì in un unico campione due tracce genetiche trovate in quantità limitate. “Gli estratti erano poco puliti perché il reperto era sporco – ha messo le mani avanti il generale –, senza tener conto del fatto che fu raccolto a qualche centinaia di metri dal parcheggio e dalla casa di Galletta. Oggi i protocolli della comunità scientifica esigono almeno due amplificazioni, quelle tracce per avere certezza del risultato andrebbero riprocessate”. Il suo collega Pizzamiglio, però, la scorsa udienza aveva detto il contrario: “Solo in presenza di un gemello omozigoto potrebbe esserci un errore. Due laboratori diversi sono arrivati allo stesso risultato genotipico”. Si prosegue il 3 dicembre con l’esame dell’imputato.