BEATRICE RASPA
Cronaca

Brescia, si è liberata dal racket della prostituzione, ora lavora e ha una bimba: i giudici le concedono lo status di rifugiata

La decisione del tribunale tutela la madre sfruttata dai suoi aguzzini dai tempi in cui era minorenne e le garantisce la protezione internazionale

La donna si è rivolta alla giustizia e ha chiesto aiuto e protezione (immagine di repertorio)

La donna si è rivolta alla giustizia e ha chiesto aiuto e protezione (immagine di repertorio)

Brescia, 30 gennaio 2025 –  È una madre che mantiene da sola la figlia grazie a un lavoro ora regolare. Ha un passato difficile: è arrivata in Italia da minorenne con il sogno di una vita migliore, invece si è trovata in strada, a fare la prostituta. Se espulsa, potrebbe tornare nel giro del racket della prostituzione perché l’Albania per i giudici bresciani non è un Paese sicuro. Lo ha decretato il tribunale di Brescia accordando lo status di rifugiata a una trentenne di Durazzo. Non aveva ancora 18 anni quando fu venduta: “Da mio padre, a un trafficante che mi ha portata qui e fatta prostituire”, ha raccontato lei in aula, sperando di ottenere quel riconoscimento che le era inizialmente stato negato dalla Commissione territoriale per la protezione internazionale.

Spiegazioni

“È innegabile che la donna se facesse ritorno in Albania si ristabilirebbe in uno Stato ove potrebbe essere facilmente rintracciata e tornare vittima del fenomeno di re-traffcking, ben potendo ricadere nella medesima forma di sfruttamento”, ha scritto la presidente del collegio Mariarosa Pipponzi nella sentenza. “L’Albania è considerata un Paese di origine, transito e destinazione per uomini, donne e bambini sottoposti alla tratta per sfruttamento sessuale e lavorativo… specialmente durante la stagione turistica – prosegue il dispositivo –. I trafficanti usano false promesse, come matrimoni o lavoro per obbligare le vittime allo sfruttamento, ed è molto diffuso anche l’uso dei social per il reclutamento”.

Soddisfazione

E ancora: “Le autorità non investono molte energie nell’identificazione delle vittime di tratta della prostituzione, così come gli ispettori del lavoro non hanno adeguata formazione per identificare le vittime di lavori forzati”. Soddisfatto l’avvocato Stefano Afrune, che ha seguito il caso e redatto il ricorso. “La sezione protezione internazionale del tribunale di Brescia si conferma essere illuminata – ha evidenziato – fa parte della giurisprudenza più solida e sensibile”. Nel dicembre 2023 il medesimo tribunale aveva concesso lo status di rifugiata a una cinquantenne transessuale originaria del Brasile, che in caso di rimpatrio rischiava di subire torture e maltrattamenti da parte dei familiari.