
La polizia locale ha eseguito i rilievi (repertorio)
Bescia, 1 luglio 2019 - «Dusi è passato con il rosso e a 130 km/h tutti i semafori di via Lamarmora investendo senza scampo Mauro Rossi e Annina Breggia in fase di attraversamento. Nessun elemento giustifica le attenuanti generiche. Sussistono invece le aggravanti della guida in strato di ebbrezza e sotto assunzione di stupefacenti».
Lo scrive il gup Alessandra di Fazio nelle motivazioni della sentenza di condanna in abbreviato a 8 anni di carcere per Michelangiolo Dusi. Il 48enne motociclista la sera di Ferragosto 2018 era piombato addosso a figlio e madre, 65 anni lui, 93 lei, all’incrocio tra via Lamarmora e via Rodi come un missile. Una scena da film dell’orrore: le gambe amputate di Rossi, morto sul colpo, rinvenute a 22 metri nell’aiuola centrale, quella sinistra dell’anziana, deceduta in ospedale, a 41 metri sul marciapiede. Il centauro, che si è salvato, aveva un tasso alcolemico di 2,05 e tracce di cannabinoidi nel sangue. L’avvocato Ennio Buffoli, che lo assiste, aveva sostenuto preliminarmente che la pena per l’omicidio stradale è «sproporzionata» e anticostituzionale (e il gup prima di esprimersi aveva atteso la Consulta) e che i pedoni non attraversavano sulle strisce. Ma per Di Fazio il concorso di colpa è «insostenibile». Testimoni lo smentiscono, si legge nelle 17 pagine, e in ogni caso «è indubbiamente più rilevante la colpa del motociclista che viaggiava a 130 su strada urbana dove il limite è 50 e sotto influenza di alcol e stupefacenti». Stando al consulente del pm , Cinzia Cardigno, «Breggia e Rossi iniziavano l’attraversamento quando Dusi distava a 140 metri e non aveva ancora oltrepassato il rosso tra via Lamarmora e via Gheda. Dusi si avvedeva dei pedoni solo a 2,4 secondi dall’urto». La frenata ha prodotto sull’asfalto una traccia di 38 metri, ma era tardi: i corpi sono stati smembrati e sbalzati a 5-6 metri. «E’ evidente che in condizioni psicofisiche ottimali avrebbe potuto e dovuto avvedersi tempestivamente dei semafori rossi e che una velocità nei limiti gli avrebbe consentito di fermarsi». La colpa del sinistro sarebbe tutta sua, mentre «nella condotta dei pedoni non si ravvisano violazioni». E il giudice ha concordato.