Non tutti i casi arrivano in tribunale. Perché si risolvono in altra sede o perché la persona alla fine rinuncia. Molto resta da fare, ad esempio, nel mondo del lavoro, come sottolinea Antonella Albanese, segreteria Cgil Brescia che si occupa di disabilità (nella foto). "La maggior parte dei casi – spiega – riguardano lavoratori con disabilità per i quali la malattia viene conteggiata come fossero lavoratori ordinari. Ciò significa che raggiungono spesso il limite massimo di giorni che hanno per contratto e quindi poi dobbiamo far richiesta di scorporare le malattie legate alla disabilità con quelle per altre patologie". Quanto evidenziato nel rapporto dell’Osservatorio giuridico permanente Human Hall in collaborazione con il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi – LEDHA, ovvero che il numero di violazioni rilevato attraverso i pronunciamenti dei giudici è sottostimato, trova conferma nella quotidianità di chi si occupa di questi temi. "Raramente si arriva in tribunale, in questi casi perché le imprese, quando capiscono di essere nel torto, alla luce di sentenze della Cassazione, poi ritornano sui propri passi. Bisogna però fare la vertenza, a volte rivolgersi anche all’Inps", sottolinea Albanese. Ci sono anche casi in cui viene intimato il licenziamento perché la patologia si è aggravata, ma spesso la commissione disabili provinciale ravvisa che, in realtà, il peggioramento è legato a un cambio nel clima lavorativo, perché un collega o un titolare è andato via, destabilizzando la persona con disabilità: situazioni che possono essere risolte, senza ricorrere al licenziamento. "E poi ci sono le difficoltà nell’assunzione, soprattutto per chi ha patologie più gravi, psichiche, sulle quali c’è il maggior pregiudizio". F.P.
Cronaca"Caos malattie serve la vertenza. Molti pregiudizi"