“Esistono detenuti di serie A, B ed anche di serie C". È lo sfogo amaro che un detenuto in semilibertà ha affidato ad una lettera ai giornali dopo il trasferimento di Giacomo Bozzoli dal carcere di Brescia “Nerio Fischione“ a quello di “Bollate“ che, per i detenuti, è considerato un hotel. "Celle singole, con cani e cavalli (pet terapy), colloqui all’aria aperta. Insomma: nulla a che vedere con Canton Mombello dove sono stato due anni, Opera dove sono stato altri 2 anni o il Verziano dove mi trovo attualmente in semilibertà".
Per Bozzoli, il trasferimento che per molti richiede tempi lunghi, è stato immediato, dopo sole sette ore di Canton Mombello. Quindi l’affondo rispetto alla situazione drammatica delle carceri: "Bozzoli dopo aver ucciso lo zio – perché così dice la sentenza definitiva – sembra lui la vittima e per paura di un suicidio lo trasferiscono a Bollate alla faccia dei 56 detenuti morti suicidi (in Italia, ndr) quest’anno". Secondo Luisa Ravagnani, garante delle persone private della libertà personale per il Comune di Brescia, la ragione del trasferimento di Bozzoli è legata più che altro alla mediaticità del caso, perché avere tutti i giorni cronisti fuori dal carcere per giorni sarebbe stato un problema.
“Purtroppo la notizia (del trasferimento, ndr) data nei termini che conosciamo non fa altro che aumentare il senso di frustrazione dei detenuti che vivono in condizioni ben peggiori di Bollate. Sarebbe stato meglio raccogliere notizie più dettagliate sulle ragioni del trasferimento prima di pubblicare, perché sicuramente lo stato di choc è innegabile entrando al ‘Nerio’, e fa piacere che qualcuno se ne occupi, ma non è di certo stata l’unica ragione a guidare questa decisione. Tutti coloro i quali varcano la porta di Nerio per la prima volta subiscono lo stesso stato di choc, quindi mi auguro che si resca il prima possibile a risolvere questa situazione per tutti i detenuti che vivono in questo istituto".
In un contesto in cui il sovraffollamento è in crescita, l’istituto bresciano raggiungere il record del 210%. "Nonostante ciò - ha ricordato Ravagnani, presentando il Nelson Mandela Day del 18 luglio promosso a Brescia con la Presidenza del Consiglio Comunale, col coinvolgimento di Uepe, Confcooperative e terzo settore – non vediamo situazioni che si registrano altrove, c’è sempre collaborazione con i detenuti. Bisogna dimostrare vicinanza: più riusciamo a garantire l’ascolto, più riusciremo ad allontanarci da quello che tutti possiamo temere possa succedere anche nella nostra città". Il 18 luglio, di fronte ai due istituti bresciani, si terranno due flash mob (ore 18,30), con la lettura di testimonianze di detenuti per far comprendere alla collettività esterna che il carcere non è un mondo fatto di invisibili, ma un pezzo di collettività verso la quale bisogna guardare con occhi inclusivi, per il bene di tutti. Coinvolte anche le persone in esecuzione penale esterna (4.000 a Brescia), per le quali fondamentale è il supporto della comunità.