
Vista dall'alto della discarica di Grottaglie
Brescia, 8 maggio 2020 - Quote societarie, conti correnti, beni mobili e immobili. Per un totale di 28 milioni di euro e 300mila euro. Tutto finito sotto sequestro preventivo nelle scorse ore. Ci sono nuovi sviluppi nell'inchiesta della Procura di Taranto sul presunto ampliamento a suon di mazzette della discarica di Grottaglie Torre Caprarica, in Puglia, gestita dalla società bresciana Linea Ambiente (che fa capo a Linea Group Holding di Rovato, per metà partecipata da A2A).
L'indagine il 14 marzo 2019 aveva fatto finire in manette per corruzione e per turbata libertà d'incanti l'ex presidente della Provincia di Taranto, Martino Tamburrano (Forza Italia). Con lui era stato arrestato anche uno dei manager di Linea Ambiente, il cinquantunenne di Saronno Roberto Natalino Venuti. Stando all'indagine battezzata 'T-Rex', la discarica in questione da tempo aveva già raggiunto la capienza massima, dunque non avrebbe potuto crescere ulteriormente. La società di gestione però presentò ugualmente una domanda di innalzamento del livello pari a quindici metri. Dopo un iniziale rigetto dell'istanza - rigetto peraltro confermato dal Tar – la pratica magicamente si sbloccò, e Provincia diede l'assenso.
Il cambio di rotta per l'accusa è stato oliato a suon di bustarelle e regali, cinquemila euro al mese, una Mercedes e un appartamento elargiti all'ex presidente dell'ente pubblico Martino Tamburrano. A pagare materialmente, è la versione della Procura, è stato un intermediario: Pasquale Lanoce, a capo della società 2L Ecologia con cui Linea Ambiente avrebbe stipulato una serie di contratti per servizi del valore di oltre due milioni di euro sovrastimandoli di proposito, così da avere a disposizione liquidità da allungare poi sotto forma di regalìe ai funzionari corrotti. Ora, 14 mesi dopo le misure personali, sono arrivate le misure cautelari reali. Un sequestro preventivo in applicazione della legge che prevede la responsabilità amministrativa delle società, e che ha fatto scattare sigilli non solo in Puglia, ma anche tra le province di Brescia e Milano.
Ventotto milioni e rotti di euro è la cifra contestata e recuperata dalla Finanza tra quote societarie, conti, beni immobili. Per gli inquirenti l'importo costituirebbe l'illecito profitto incamerato dai legali rappresentanti delle ditte coinvolte dall'affare discarica e dagli indagati (otto persone in tutto). Conti alla mano, Linea Ambiente grazie alle mazzette avrebbe ottenuto il via libera all'innalzamento dell'altezza dell'impianto di smaltimento dei rifiuti guadagnando in nove mesi – il periodo sotto la lente della magistratura – circa 26 milioni. La società di Taranto dal canto suo si sarebbe impossessata di oltre due milioni lucrando su contratti parzialmente farlocchi. L'indagine ha coinvolto anche la moglie dell'ex presidente della Provincia, cui secondo gli inquirenti Lonoce avrebbe finanziato la campagna elettorale 2018 per un seggio in Senato in quota Forza Italia (non ottenuto).