
di Federica Pacella
È stata attivata anche in Poliambulanza un’unità di terapia intensiva per pazienti Covid, già occupata da 2 persone, arrivate da fuori città. "Scattato il livello 4 della Lombardia, da martedì abbiamo messo a disposizione 9 letti di terapia intensiva che fino alla settimana scorsa non ci venivano richiesti", spiega Alessandro Triboldi, direttore generale di Fondazione Poliambulanza. Se l’hub per il Covid restano gli Spedali Civili, anche Poliambulanza ha comunque messo a disposizione 40 letti Covid, di cui 36 già occupati (inclusi i 2 in terapia intensiva). Per ora, il Pronto Soccorso non soffre una particolare pressione. "Sembra che per ora il virus colpisca altre zone – sottolinea Triboldi – sebbene registriamo anche nel Bresciano un ampliamento del contagio. Noi processiamo una buona quantità di tamponi: nella prima settimana di ottobre individuavamo il 5% di positivi, a fine mese la percentuale è passata al 18,5%".
All’interno del piano regionale, Poliambulanza è stata individuata come hub per la Lombardia Orientale per le reti di patologie tempo dipendenti, in particolare cardiovascolare, cardiochiurgico ed infarti. Inoltre, ha già inviato un contingente di 3 medici intensivisti e 9 infermieri di area critica per l’ospedale in fiera a Bergamo. Sul fronte del personale, per ora sono utilizzate tutte risorse interne, visto che è stata interrotta tutta l’attività chirurgica di elettiva. "A differenza di marzo, quando l’epidemia era concentrata su Brescia, Bergamo, Cremona e Lodi, Cremona e quindi si trovavano medici specialistici dal resto d’Italia, questa volta non sarà possibile contare su forze esterne. Uno spiraglio arriva dall’Università: la Cattolica laureerà una sessantina di infermieri questo mese, per cui potremmo attingere in quel bacino".
In caso di escalation dell’epidemia, Fondazione Poliambulanza conferma di essere pronta ad ampliare gli spazi per pazienti Covid, per dare una risposta di territorio, più che di struttura. Rispetto alla primavera, tuttavia, qualcosa è cambiato nell’approccio di chi è in prima linea. "A marzo – conclude Triboldi – gli operatori si sono lanciati incondizionatamente e con grande generosità. L’impressione è che adesso siano un po’ più critici, perché c’è la percezione che poteva esserci una migliore pianificazione, visto che la seconda ondata era stata ampiamente annunciata. C’è un po’ di rabbia: lo si vede nelle professioni sanitarie, ma anche nella società civile. È una preoccupazione che ho da cittadino prima che da sanitario".