Brescia, 10 maggio 2023 – Sono comparsi davanti al Tribunale dei ministri di Brescia l'ex premier Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, tra gli indagati nell'inchiesta della procura di Bergamo sulla presunta mala gestione della prima ondata di Covid-19 in Val Seriana.
L'ex ministro e l'ex premier, entrati in aula da un ingresso secondario, rispondono di omicidio colposo ed epidemia colposa. Conte in particolare stando alla prospettazione accusatoria nonosante fosse a conoscenza della moltiplicazione incontrollata dei contagi non avrebbe istituito a tempo debito la zona rossa per isolare i Comuni di Alzano Lombardo e Nembro, Speranza invece non avrebbe applicato il piano pandemico nazionale, fermo al 2006.
La versione di Giuseppe Conte
Il leader del Movimento Cinque Stelle ha parlato per primo, per circa un'ora, davanti ai giudici (la presidente Maria Rosa Pipponzi, il giudice di Cremona Michele Stagno e il collega di Bergamo Vincenzo Domenico Scibetta). Il suo avvocato, Caterina Malaverna, all'uscita si è dichiarata "soddisfatta”. “Conte ha chiarito tutto, ha risposto a tutte le domande ed è stato esauriente – ha riportato il legale, annunciando il deposito di una memoria – ha ricostruito passo per passo che cosa è successo dal 26 febbraio al 6 marzo. I giudici hanno ascoltato attentamente, ci fidiamo nella giustizia e confidiamo che tutto finisca presto per il meglio”.
Invitata a entrare nel merito delle dichiarazioni del suo assistito, Malavenda ha detto che Conte “non si è giustificato ma ha spiegato la sua posizione, soffermandosi per esempio in particolare sull'incontro del Comitato tecnico scientifico del 2 marzo”. Agli atti dell'inchiesta vi sarebbe un appunto del coordinatore Miozzo in merito a una presunta titubanza dell'ex premier a istituire la zona rossa per i pesanti costi politici, sociali ed economici che la stessa avrebbe comportato. “Quando era stato interrogato lo scorso 12 giugno non aveva ancora gli atti, adesso invece sì”, ha concluso l'avvocato.
Cos’ha detto Speranza
A seguire è stato il turno dell'ex ministro Speranza, che a sua volta ha depositato una memoria difensiva, dare la propria versione dei fatti al tribunale dei ministri. L’interrogatorio è durato circa mezz'ora, sotto forma di dichiarazioni spontanee. “Il ministro ha affermato la sua totale estraneità agli addebiti”, ha evidenziato l'avvocato Guido Calvi al termine dell'udienza.
“La sua condotta – ha detto Calvi – è stata assolutamente rispettosa delle norme. Ha fatto tutto quanto era in suo dovere in modo rigoroso. L'intera comunità scientifica aveva dichiarato il piano pandemico esistente inefficace per combattere il Covid-19, a quel punto sono stati presi tutti i provvedimenti, a cominciare dal blocco dei voli dalla Cina Non dimentichiamo che l'Italia è stata la prima, con gli Stati Uniti e Israele a prenderli. Mi sembra di poter rivendicare un merito del nostro Paese e del ministro”.
“Non chiedete a noi – ha affermato l’avvocato – perché il piano non fosse stato rinnovato. Speranza aveva sollecitato una riforma dello stesso, perché sarebbe stato necessario, ma nel frattempo è fatto tutto il possibile per tutelare la salute dei cittadini italiani. L'Organizzazione mondiale della sanità solo il 31 gennaio fece scattare l'indicazione di passare a una fase più avanzata, e il giorno seguente il ministro attuò il provvedimento. C'è un errore grave da parte del consulente della procura (Andrea Crisanti) che ha indotto i magistrati di Bergamo a seguirlo e a sbagliare, facendo intendere che la raccomandazione del 5 gennaio 2020 dell'Oms fosse vincolante. Ma all'epoca era solo una raccomandazione”.