
Sirmione, il figlio di 45 anni in Assise: perché non mi sono fermato?
Brescia – "Oggi provo schifo. Se penso a quello che ho fatto mi vergogno, non so come sono arrivato a uccidere la persona più importante della mia vita. Mi sembra un brutto sogno: ogni mattina mi sveglio e mi chiedo perché la mamma non c’è. Chiedo agli psicologi perché non sono stato in grado di fermarmi". A parlare, tra i singhiozzi, è Ruben Andreoli, il 45enne di Sirmione che il 15 settembre 2023 ha massacrato a calci e pugni la madre, Nerina Fontana, 72 anni, nell’abitazione che divideva con lei e Svetlana, la moglie ucraina sposata nel 2010. Andreoli, in Assise, ha ripercorso le tensioni esplose negli ultimi dieci giorni prima dell’aggressione.
Tensioni che a quanto pare, a dispetto di una convivenza apparentemente senza screzi, covavano almeno dal 2018, da quando cioè lui e la moglie persero un bimbo nato prematuro, con gravi problemi di salute. "La mamma non voleva che tenessimo quel bambino perché riteneva non fossimo in grado di gestirlo, avevo risentimento per questo – ha dichiarato il magazziniere e pilota di rally, che ora sarà sottoposto a una perizia psichiatrica a cura del dottor Giacomo Filippini – . In un momento così difficile speravo mi supportasse, invece no. Fosse stato in vita mio papà, sarebbe finita in un altro modo". Dopo la morte del padre nel 2015, l’imputato era rimasto a vivere con la madre per non lasciarla sola. Gestiva i suoi conti correnti, la portava alle visite mediche, andava con lei e la consorte in vacanza. All’improvviso, di ritorno dalle ferie in Ucraina, Fontana cambia atteggiamento. "Io e Svetlana stavamo pianificando un weekend e lei ci ha detto che avrebbe potuto fare a meno di noi".
La situazione è andata peggiorando. "Mia moglie mi consigliava di parlarci, ma io non avevo fatto nulla e tenevo duro. Ho sbagliato. Temevo anche la mia reazione se lei si fosse messa a urlare: nel 2021 al lavoro durante una lite con il mio capo ho perso il controllo, l’ho spinto contro un bancale e l’ho colpito con le scarpe". Pochi giorni prima di ucciderla, Andreoli si accorge che la madre gli ha revocato la delega al conto in banca. Vuole cambiare i beneficiari di una polizza assicurativa, intestata a lui e alla moglie. Mosse seguite dallo spostamento da parte della coppia di circa 50mila euro dai conti di famiglia a quelli di Svetlana ("Per sistemare una casa nostra in Ucraina per le vacanze"). Finché il 15 settembre l’imputato trova il coraggio. Affronta la madre, chiedendole perché abbia eliminato le foto del suo matrimonio: "Lei ha risposto che non ci voleva più vedere. Che al limite avrebbe potuto perdonare me, ma non mia moglie. “Ma come, con tutto quello che le abbiamo fatto, ha pure perso il bambino“, le ho detto io – ha proseguito Andreoli –. A quel punto lei ha dato a noi la colpa di come erano andate le cose, con quel bambino. Io non ci ho visto più e le ho dato una sberla. Non ricordo altro".