
Una manifestazione molto partecipata contro la realizzazione della discarica Castella
BRESCIA – Un progetto che si basa su un dato teorico smentito dalla realtà: la falda sotto la futura discarica “Castella 3” ha già superato almeno una volta la quota massima prevista dai proponenti e su cui si fonda l’intero impianto del progetto. Il dato era sempre stato lì, sotto gli occhi di tutti, perché è quello misurato da Arpa Brescia attraverso i piezometri nell’Ate 25, nel Comune di Rezzato (a ridosso di Buffalora, a Brescia), dove Garda Uno da circa quindici anni sta provando a costruire una discarica. Quello attuale è il terzo progetto, affinato sulla base delle osservazioni ai due precedenti, bocciati dai tribunali amministrativi a cui hanno fatto ricorso Comuni e comitati.
A gennaio 2021 l’ente (controllato dai Comuni del Garda e, per una piccola quota, anche dalla Provincia) ha ripresentato il 3° progetto, dichiarando che, sulla base di analisi con software di calcolo, l’escursione massima della falda non avrebbe in alcun caso superato la quota di 121,2 metri sul livello del mare. Su questo dato è stata basata la costruzione del progetto e dell’argine che deve dividere la futura discarica dal laghetto adiacente, formatosi per effetto dell’escavazione.
Il Codisa, Comitato difesa salute e ambiente di Brescia, ha però scoperto, da dati Arpa Brescia, che già a luglio 2020 la falda ha raggiunto i 122,95 metri sul livello del mare. “Non sappiamo – commenta Francesco Venturini, presidente Codisa – se il proponente abbia agito con superficialità, limitandosi a riproporre i dati della Castella 2, già bloccata dal Consiglio di Stato, oppure se, pur conoscendo i dati, abbia voluto non considerarli, per non aumentare la quota del piano di riferimento”. Poiché i rifiuti non possono stare in acqua, il progetto dovrebbe prevedere un rialzo della base della discarica di 1,7 metri, che significa diminuire la capacità di conferimento.
“Anche la Provincia, che ha autorizzato il progetto, si è fidata di ciò che è stato detto dal proponente – sottolinea Venturini –. Ora però abbiamo un dato che, secondo noi, inficia l’intero progetto. Per questo abbiamo chiesto alla Provincia di invalidarlo”. La documentazione finirà nel dossier del ricorso al Tar, presentato da Rezzato, con Brescia ad adiuvandum, e a cui si unirà anche il Codisa.