Brescia, 29 dicembre 2016 - Il 22enne tunisino residente a Edolo, nel Bresciano, raggiunto ieri da un decreto di espulsione firmato dal Ministro dell'Interno, ha lasciato il territorio italiano questa mattina. È accusato di propaganda in rete in nome dell'Isis, ma non solo. Secondo quanto emerge da ambienti investigativi aveva avuto poco più di un mese fa le indicazioni per compiere attentati in Italia sulla scorta dell'esempio di quanto accaduto in altri paesi europei. Personale della Questura di Brescia lo ha fatto salire su un volo partito dall'aeroporto di Malpensa, che ha fatto scalo a Roma prima di arrivare a Tunisi. Il ministro dell'Interno Minniti ha spiegato, in un vertice a Milano, che si trattava di una "figura dal profilo potenzialmente interessante dal punto di vista terroristico". Minniti ha parlato di un quadro di "fortissima potenzialita'", ma ha precisato "non eravamo in una fase in atto".
Il Viminale in una nota fa sapere che "le indagini di polizia hanno documentato che lo straniero era collegato a un foreign fighter marocchino, già domiciliato nel Milanese, con il quale era in contatto tramite social network. Rientrato in Italia il 15 agosto scorso, dopo un prolungato periodo in Tunisia, il cittadino tunisino aveva manifestato chiari indicatori di radicalizzazione. Le attività investigative, operate anche con la collaborazione internazionale e dei servizi di intelligence, hanno evidenziato che a metà novembre 2016 aveva ricevuto indicazioni, da una persona a lui nota, di compiere attentati in Italia simili a quelli compiuti in Francia e in Belgio, per ritorsione contro le operazioni dell'Italia in Libia. Inoltre, il tunisino espulso oggi, aveva manifestato l'intenzione di lasciare l'Italia quanto prima per unirsi allo Stato Islamico. Con il provvedimento eseguito oggi, conclude il Viminale, salgono a 132 gli espulsi con accompagnamento in frontiera dal gennaio 2015, di cui 66 dall'1 gennaio 2016.
Al suo arrivo in Tunisia, la magistratura locale ha disposto lo stato di fermo per il 23enne. Lo ha reso noto il portavoce del polo giudiziario per la lotta al terrorismo di Tunisi, Sofiene Selliti.
Il giovane straniero è una delle persone finite sotto la lente degli investigatori dell’Antiterrorismo, anche se la sua posizione non è legata ai fatti di Berlino. Anis Amri, l’attentatore che ha colpito in Germania ed è stato ucciso a Sesto San Giovanni, aveva avuto contatti in Italia, nella sua "vita precedente". E dunque poteva contare su una rete di rapporti. In base a una informativa della questura di Catania e a una relazione del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), Amri si sarebbe "radicalizzato" nel carcere di Agrigento, dove ha scontato parte della sua pena di quattro anni per gli scontri nei centri di accoglienza per i migranti. La conferma di questi contatti italiani sarebbe stata fatta da alcuni connazionali di Amri che abitano in Italia. In queste ore sono in corso diversi controlli nelle abitazioni di persone che sono entrate in contatto, anche non di recente, con il terrorista. Alcune persone solo identificate, altre interrogate.
Che l'Italia non sia soltanto una terra di passaggio per i terroristi e che l'allerta si sia alzata di livello, lo ha sottolineato in una intervista il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti che ha ricordato come nel nostro Paese «c'è chi offre supporto logistico agli autori delle stragi, dando loro documenti, rifugi, case», e forse per questo Amri, il killer di Berlino in fuga, aveva deciso di fare rotta verso l'Italia. Il rischio che aleggia sulle nostre città, «fin qui è stato fronteggiato in maniera egregia, grazie allo straordinario lavoro delle nostre forze di polizia e dei servizi», ma «nulla ci esime dal rischio, tanto più che ora abbiamo il martire in casa», ha concluso Roberti.