Esine (Brescia) – Il primario di oculistica dell’Ospedale di Valcamonica di Esine, Giovanni Mazzoli, nelle scorse ore ha ufficialmente rassegnato le proprie dimissioni, anche se quando sul suo caso è scoppiata la bufera l’azienda lo aveva immediatamente sospeso e non gli ha più consentito di rientrare in servizio. Ora che l’addio è protocollato, forse arriveranno provvedimenti anche dall’ordine dei medici, dato che lo specialista è agli arresti domiciliari perché si faceva pagare tangenti per saltare le liste d’attesa .
L’indagine sul medico, che non è partita dalla denuncia dei pazienti, è emersa dopo una intercettazione relativa a una seconda indagine non collegata a questa, in cui un uomo spiegava alla moglie come si comportava Mazzoli, ora agli arresti domiciliari. Aperta nell’ottobre del 2022, è stata veloce e puntuale e ha consentito di appurare i comportamenti del medico, che in Valcamonica era amato e stimato e, soprattutto, considerato un ottimo oculista. L’ordinanza in cui la Procura di Brescia spiega come operava Mazzoli è composta da ben 166 pagine. La Guardia di finanza di Brescia ha effettuato un sequestro preventivo di 186mila euro, mentre i carabinieri ne hanno sequestrato, sempre preventivamente, 400mila.
Agli investigatori è apparso evidente che il tenore di vita e i beni posseduti dal primario fossero ben superiori a quanto gli consentirebbe la professione di medico in ospedale, seppur dirigente. In una intercettazione l’uomo ha detto di fare sempre più fatica a spendere il "nero" e ha spiegato al suo interlocutore di avere comprato un immobile e delle opere d’arte. Al primario, insomma, piacevano il lusso e la bella vita. In ogni caso le mazzette erano contenute. Andavano dai 50 ai 700 euro, in modo da non dare nell’occhio e soprattutto di evitare denunce da parte dei pazienti, che talvolta erano persino grati all’uomo di avere saltato la fila e di aver potuto così ottenere la prestazione richiesta, tra cui interventi oculistici, prima del previsto, in barba al Centro Unico di Prenotazione e ai camuni che non avevano la possibilità di sborsare soldi oltre a quelli dovuti all’Asst tramite il ticket sanitario.