
Brescia, il responsabile: "Sono tanti i problemi dalla lingua alla cultura" .
Vivere la disabilità in terra straniera: una fragilità nella fragilità. Lo sanno bene operatori, docenti, associazioni, servizi comunali, che in questi ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale di persone non cittadine italiane, soprattutto minori, con disabilità. "Lo vediamo nella nostra quotidianità – spiega Giorgio Grazioli, presidente Fobap Anffas – perché registriamo l’incremento di famiglie immigrate che si affacciano ai nostri servizi. Il background migratorio complica una situazione già di fragilità, per motivi linguistici, culturali, anche pratici, di orientamento tra i servizi".
I dati presentati da Maria Elena Russo dell’ufficio statica del Comune di Brescia, elaborati appositamente per l’incontro promosso da Fobap Anffas al Mi.Ta di Fondazione Tassara su “Vivere la disabilità in terra straniera: una nuova storia bresciana“, confermano la percezione degli operatori. "Aumentano gli alunni con disabilità certificata in base alla legge 104 del 1992, ma l’incremento è maggiore fra i non cittadini italiani". Per fare un confronto, nell’anno scolastico 2023/2024, nelle scuole d’infanzia i minori non italiani con disabilità (esclusi i Distrubi specifici dell’apprendimento) erano il 5,7%, contro il 2,6% degli italiani; alla primaria erano il 5,4% rispetto al 2,5% di italiani; alle medie il 6,7% a fronte del 2,8% tra gli italiani; alle superiori si è a 3,2% rispetto all’1,8%.
Come sottolineato da Giovanni Giulio Voltolina (foto), di Fondazione Ismu, "avere un figlio con disabilità, in alcune culture, è qualcosa che non necessariamente deve essere pubblicizzato. In quattro quinti del mondo, un figlio disabile è una risorsa di sopravvivenza in meno. Per questo, è importante il disvelamento". Il trend in costante aumento pone interrogativi su come approcciarsi, quali strumenti servono per favorire l’inclusione e l’apprendimento. "Conoscere tradizioni e comportamenti di altre culture è il primo passo. Ad esempio, capire che in alcuni casi la disabilità è considerata una punizione per la famiglia, in altri un dono della divinità o come specializzazione, è un primo passo".
Federica Pacella