BEATRICE RASPA
Cronaca

Frode da oltre 90 milioni: quattro arresti

Nella rete un commercialista, un consulente finanziario e due imprenditori: corruzione, autoriciclaggio e fatture false le accuse

di Beatrice Raspa

Quattro persone arrestate, novanta indagati e una frode fiscale di novanta milioni. Sono i numeri di ‘Banca da Gioco’, inchiesta della Guardia di Finanza e del pm Francesco Carlo Milanesi sfociata nell’esecuzione di quattro misure cautelari (ai domiciliari). Le manette sono scattate ieri all’alba nei confronti di un giudice tributario, Donato Arcieri, 59 anni, commercialista originario di Potenza operativo in commissioni tributarie di Brescia e Milano, di un consulente finanziario, Giuseppe Fermo, 41 anni, sempre di Potenza ma attivo a Milano, e di due imprenditori: Luigi Bentivoglio, 75enne bresciano e Antonino Sortino, 61enne di Lograto, questi già detenuto dopo essere stato arrestato nel giugno 2020 per istigazione alla corruzione e ora nei guai per reati tributari. Corruzione in atti giudiziari, autoriciclaggio, dichiarazioni fiscali fraudolente ed emissione di fatture per operazioni inesistenti sono i reati contestati a vario titolo.

L’indagine ha preso le mosse nell’agosto 2019 per dei controlli in una ditta facente capo a Sortino, titolare di attività di manutenzione ma in realtà, sostiene l’accusa, coordinatore di società ‘cartiere’, deputate a emettere fatture false. L’azienda in questione è risultata ‘fantasma’ per il Fisco, ma autrice di una produzione di fatture tarocche per oltre dodici milioni tra il 2013 il 2019 a beneficio di una serie di società del nord Italia. La successiva analisi dei flussi finanziari ha messo in luce un articolato sistema di frode che prevedeva il mascheramaento della provenienza illecita degli introiti dell’evasione fiscale anche attraverso l’acquisto di oltre 17 milioni di fiches utilizzate nei casinò di Venezia, Sanremo, Campione d’Italia e Saint Vincent.

Nel giugno 2020 i militari del Nucleo di polizia economica e tributaria delle fiamme gialle bresciane hanno perquisito uno dei capannoni facenti capo a Sortino, dove sono stati trovati nelle travi del soffitto, in un tagliaerba e in un muletto 779mila euro. In quell’occasione il titolare è stato arrestato in flagranza per istigazione alla corruzione perché, questa la versione accusatoria, per convinvere i militari a chiudere un occhio e a interrompere le ricerche avrebbe allungato loro una mazzetta di 70mila euro, ossia tutte le banconote trovate fino a quel momento. La prosecuzione della perquisizione ha però stanato altri 709mila euro. Per quell’episodio l’imprenditore lo scorso autunno è stato condannato a due anni e due mesi e alla confisca del tesoro. Le indagini hanno poi condotto al consulente Giuseppe Fermo, che con le sue competenze tecniche avrebbe permesso agli altri indagati di attuare la frode. Il professionista pare si appoggiasse a un ufficio affittato a una società amministrata dal magistrato tributario della commissione regionale Lombardia, Arcieri. Nel locale sono state scovate gran parte della fatture false emesse dalle imprese bresciane, ma anche documentazione relativa a una causa tributaria che si era conclusa nel marzo 2019 con una sentenza favorevole a una azienda riconducibile agli indagati di Brescia, i quali si erano visti ‘graziati’ dall’obbligo di versare 255mila euro di imposte.

Nel procedimento in questione, il consulente avrebbe difeso gli interessi dei contribuenti, e il magistrato era giudice relatore. Stando alla prospettazione del pm Milanesi l’operazione era stata oliata da numerosi trasferimenti di denaro dalla società favorita nella causa al consulente, successivamente veicolato ad altre società facenti capo ad Arcieri. Nel complesso sono state eseguite 34 perquisizioni a varie società tra Brescia, Milano, Bergamo, Cremona, Novara, Modena e Bologna.