Nelle prime ore di giovedì 11 luglio un sistema capta una comunicazione fra Giacomo Bozzoli e una persona della sua cerchia. Il numero, la cella da cui è partita; è la rivelazione che il latitante è rientrato e che si trova nel Bresciano. Nel primo pomeriggio le immagini di una telecamera nei pressi di Soiano del Garda danno la conferma definitiva e così scatta l’operazione che porterà all’arresto, dopo 11 giorni di latitanza, dell’uomo condannato in via definitiva all'ergastolo dalla Corte di Cassazione per l'omicidio dello zio Mario, gettato nella fonderia di famiglia a Mercheno la sera dell’8 ottobre del 2015.
Ascoltato dai carabinieri nella serata di giovedì l’ormai ex latitante ha raccontato di avere scritto e impostato dalla Spagna tre lettere con lo stesso testo (non ancora pervenute ai destinatari) a magistrati bresciani, uno della procura, uno della procura generale e l’altro del tribunale.
La cattura nella villa sul Garda
Bozzoli è stato catturato l’11 luglio dai carabinieri nella sua villa di Soiano del Garda, sul lago di Garda, in provincia di Brescia: era nascosto nel cassettone del letto matrimoniale con 50 mila euro in un borsello. Dopo la condanna definitiva all’ergastolo Bozzoli era risultato irreperibile. Il 24 giugno, si è poi scoperto, era scappato in Spagna con la compagna, Antonella Colossi, e il figlio di otto anni a bordo della sua Maserati (madre e figlio erano poi tornati in Italia il 5 luglio). Le domande su questo periodo di latitanza sono molte.
Lo choc del carcere e il trasferimento
Bozzoli è stato catturato alle 17.45 e portato al comando provinciale dei carabinieri. Da lì è uscito alle 22.32 per essere condotto nel carcere di Canton Mombello, nel Bresciano. Sembra che il trentanovenne sia rimasto scioccato dalle condizioni del penitenziario bresciano, il più sovraffollato d'Italia. L’autorità carceraria temeva “gesti autolesionistici” e pertanto l’ex latitante è stato posto in una cella singola – e non nel consueto spazio comune per i nuovi arrivati – sorvegliato a vista da un agente fisso che lo ha controllato tutta la notte. Nei prossimi giorni è previsto il suo trasferimento nel carcere di Bollate, in provincia di Milano.
“Posso vedere mio figlio?”
Il procuratore di Brescia, Francesco Prete, non esclude che Bozzoli “sia tornato per non perdere i contatti col figlio”. Beninteso, non aveva alcuna intenzione di consegnarsi e, anzi, secondo gli investigatori il suo progetto era quello di “passare inosservato contando sulle connivenze locali”. Una delle prime domande che ha fatto una volta catturato è stata: “Posso vedere mio figlio?”.
Il “testimone austriaco”
C’è poi un altro colpo di scena: Bozzoli, proclamandosi innocente, ha infatti detto di avere un testimone austriaco che lo scagionerebbe dall'accusa di aver ucciso lo zio Mario gettandolo nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno l'8 ottobre 2015. Lo ha riferito al procuratore capo Francesco Prete.