Lo hanno trovato in casa sua, Giacomo Bozzoli. Era nascosto nel cassettone di un letto matrimoniale e aveva un borsello con 50mila euro. Ai carabinieri del Reparto operativo di Brescia che lo arrestavano ha ribadito di essere innocente, di non meritare la condanna all’ergastolo per l’omicidio della zio Mario (la sera dell’8 ottobre 2015 nella fonderia di famiglia a Marcheno) e della distruzione del suo cadavere.
La latitanza di Giacomo Bozzoli è finita così, nella sua lussuosa villa al numero 65 di via San Carlo Borromeo, nella Gardesana. Finale di una fuga iniziata 11 giorni fa, dieci giorni da quando l’autorità giudiziaria bresciana aveva emesso il decreto di latitanza. Una giornata lunga e convulsa. Bozzoli viene bloccato dai carabinieri alle 17.51, alle 18.46 una colonna di sei auto si avvia da Soiano al comando provinciale dell’Arma, a Brescia. Alle 19.18 la colonna imbocca il passo carraio. La terza auto, un’Alfa grigia, è quella che trasporta l’ergastolano arrestato. Pochi minuti dopo inizia la conferenza stampa del procuratore Francesco Prete e del comandante provinciale Vittorio Fragalà.
Giacomo Bozzoli ha davvero trascorso una vacanza in Spagna, a Marbella, con la compagna Antonella Colossi e il loro bambino, che pochi giorni fa ha compiuto 9 anni. Fino al 30 giugno Bozzoli si trattiene a Marbella. Il primo luglio apprende su Internet che la Cassazione ha confermato il carcere a vita. Quella stessa sera Giacomo decide per la fuga. Sono giorni oscuri, ci sono vuoti ancora tutti da riempire. Il 39enne si ferma in Spagna ancora per tre o quattro giorni. Rientra in Italia, attraversando Spagna e Italia con auto prese a noleggio. Intanto è stata tesa una rete di intercettazioni e di controlli telematici. Nelle prime ore di giovedì mattina la certezza che Giacomo è rientrato in Italia nelle ultime 24 ore "abbondanti" (secondo gli inquirenti). Viene avvistato (o intercettato) nel Bresciano. Poco dopo è nella sua abitazione di Soiano. "Potrebbe avere commesso una sciocchezza", dice un investigatore.
Viene decisa l’irruzione nella villa. Giacomo viene scoperto nell’improvvisato nascondiglio dove si è celato tenendosi stretto il borsello col suo piccolo tesoro. Passato il primo momento di sbigottimento e anche di delusione per la brusca fine della sua avventura, si rivolge ai carabinieri che lo stanno arrestando: "Sono innocente. Lo dimostrerò". Un particolare che viene confermato dal procuratore Prete: "Ha ribadito la sua innocenza e che si adopererà per cambiare il quadro probatorio". Non ha opposto resistenza, non era armato. "Ritengo – aggiunge il capo della Procura bresciana – che non avesse intenzione di costituirsi. Lo dimostra il fatto che si era nascosto".
Nella sua decisione, è una delle domande, può avere influito la notizia che era stato ascoltato anche il suo bambino? "Non è da escludere che sia tornato in Italia soprattutto per la ricerca del figlio, ma è una deduzione che per il momento non trova riscontri negli atti di indagine". Si torna sulle polemiche per quella che era stata letta da più parti come una fuga pianificata, che non era stata prevista dagli inquirenti. "Abbiamo osservato – taglia corto il procuratore – il procedimento per le sentenze in giudicato. L’ordine di carcerazione per Giacomo Bozzoli è venuto da parte della procura nella stessa giornata del primo luglio, subito dopo la sentenza della Cassazione". In serata Giacomo Bozzoli è stato tradotto nel vecchio carcere di Canton Mombello, a Brescia.