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Giuseppe Perticone suicida, la bimba morta durante il parto e le ricerche online del lago di Sara Pedri: giallo sulla fine del ginecologo, oggi avrebbe compiuto 39 anni

Indagine sulla neonata morta il 31 gennaio a Desenzano (Brescia), tre giorni dopo il medico siciliano si è lanciato dal ponte di Castellaz a Cles (Trento): nato a Niscemi, si era laureato a Perugia. L’allarme lanciato dalla moglie. “Oltre il burnout, un conflitto di coscienza”

Giuseppe Perticone, 39 anni, il medico ginecologo suicida

Giuseppe Perticone, 39 anni, il medico ginecologo suicida

Desenzano (Brescia), 11 febbraio 2025 – Giuseppe Perticone era nato a Niscemi (Caltanissetta) e proprio oggi, martedì 11 febbraio, avrebbe compiuto 39 anni. La sua Sicilia l’aveva lasciata per iscriversi alla Facoltà di medicina di Perugia, dove si era laureato e specializzato in Ginecologia e Ostetricia. Nel suo curriculum anche le esperienze cliniche all’estero, tra la Francia e Bruxelles. La professione lo aveva portato prima a Merano, dove aveva abitato insieme alla moglie. Sono molte le immagini del profilo Facebook che li ritraggono, sorridenti, insieme. Quindi il trasferimento sul lago di Garda, sponda bresciana, nella casa da dove l’altro giorno è partita la telefonata alle forze dell’ordine della moglie Federica, anche lei medico, preoccupata per la scomparsa del marito. Il corpo senza vita di Giuseppe Perticone è stato rinvenuto a Cles, in val di Non, ai piedi del ponte di Castellaz sul lago di Santa Giustina.

Nei luoghi di Sara Pedri

Non un luogo a caso: lì quattro anni fa la ginecologa ​​​​​​Sara Pedri, 32 anni in servizio all’ospedale di Trento, sparita da quattro anni nelle stesse acque gelide. Giuseppe Perticone faceva parte dell’equipe che all’alba del 31 gennaio scorso, all’ospedale di Desenzano, ha fatto venire alla luce una bimba, già in condizioni critiche, morta per una grave ipossia poco dopo il trasferimento d’urgenza agli Spedali Civili di Brescia. Dieci i medici indagati: tre ginecologi (tra cui Giuseppe Perticone), tre anestesisti, due pediatre e due ostetriche.

Nessun biglietto d’addio

Giuseppe Perticone ha guidato per oltre due ore, ha valicato il confine della provincia di Brescia ed è arrivato in Trentino, dove aveva già prestato servizio negli anni scorsi, a Merano. Ha fermato l’auto a Cles, in val di Non, e si è lanciato: un volo nel vuoto di una quarantina di metri. Il medico non avrebbe lasciato alcun biglietto prima del gesto estremo, un messaggio che possa lasciare intendere se sia stato lo sconforto per la morte della neonata avvenuta tre giorni prima a spingerlo a togliersi la vita. Per gli inquirenti avrebbe effettuato ricerche del luogo poi scelto per gettarsi nel vuoto, come dimostrerebbero le prime indagini effettuate sul suo telefono cellulare. Sulle condizioni psicofisiche del medico in quei giorni tra fine gennaio e inizio febbraio la Procura di Trento – diretta dall’ex procuratore aggiunto di Brescia Sandro Raimondi – vuole provare a fare chiarezza e ascolterà le persone vicine al medico per capire di più sui momenti che hanno preceduto il drammatico gesto.

I colleghi

Il ginecologo Perticone aveva manifestato sensi di colpa? Alcuni colleghi hanno infatti riferito di averlo visto “molto scosso” dopo la morte della neonata. Perticone, si è scoperto, aveva effettuato ricerche online anche sulla scomparsa di Sara Pedri. Ma anche questo è un particolare per il quale al momento non ci sono spiegazioni.

La denuncia

Il parto della piccola risale al 31 gennaio, quando una coppia originaria dell’Albania arriva all’ospedale di Desenzano del Garda per il travaglio: la madre è giunta al termine di una gravidanza che non aveva presentato problemi o complicazioni. Ma nelle ultime ore le cose si complicano, le condizioni precipitano e la bimba, poco dopo essere venuta alla luce, va in ipossia, una carenza di ossigeno che coinvolge l’intero organismo. I medici tentano un trasporto d’urgenza all’ospedale di Brescia, ma nessuno riesce a salvarla. I genitori decidono quindi di sporgere denuncia, chiedendo che la Procura accerti tutto quello che è possibile capire per comprendere come sia morta la piccola.

L’inchiesta sul parto

La Procura di Brescia, con il sostituto Benedetta Callea, ha acquisito gli atti dei pm di Trento (che hanno aperto un fascicolo a modello 45, senza notizia di reato, sul suicidio del ginecologo) e aperto un’inchiesta per l’omicidio colposo della bimba: nel registro degli indagati sono stati iscritti dieci camici bianchi  che hanno partecipato al parto nell’ospedale di Desenzano. I carabinieri del Nas hanno sequestrato la cartella clinica.

La famiglia della bimba

La gravidanza, ha spiegato l’avvocato Giulio Soldà (il legale che assiste i genitori di origini albanesi residenti da tempo sul Garda) “era proceduta senza alcun intoppo, solo un lieve ritardo rispetto al termine”. La famiglia ha denunciato un possibile “errore medico”: nel verbale si fa riferimento all’ipotetico uso improprio di una ventosa e a un presunto mancato taglio cesareo per affrontare l’emergenza in sala parto dopo che la bimba si sarebbe “girata”. Ieri, lunedì 10 febbraio, è stata eseguita l’autopsia sulla neonata all’Istituto di medicina.

Le tragedie parallele

"Se fosse verificata la connessione tra i due casi – spiega l’avvocato Soldà – anche per la famiglia della piccola sarebbe una tragedia nella tragedia”.  Sul caso è intervenuto anche Filippo Anelli, presidente della Federazione italiana degli Ordini dei medici: “Se la morte della neonata e il suicidio del collega fossero collegati – ha detto – saremmo oltre il burnout, a un conflitto di coscienza che avrebbe portato il collega a compiere l’estremo gesto nello sconforto di non essere riuscito a salvare una vita”.