F.P.
Cronaca

Il nodo dei terreni agricoli confiscati alle mafie: “Ora dateli ai giovani”

Accordo con il Ministero per mettere a bando le aree tolte alle cosche

Tita Rafetti

Tita Rafetti

Poco attrattivi e, soprattutto, difficilmente utilizzabili dagli enti locali, i terreni rappresentano una criticità nel riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, ma per le associazioni bisogna comunque insistere sul riuso sociale. Al centro del dibattito sono finiti i terreni agricoli, 434, il 13% dei 3325 beni confiscati alle mafie (al 31 dicembre 2023). Di questi, il 44,7% è in gestione, quindi non ancora destinati.

Secondo l’Agenzia, i terreni sono "fattore critico di rallentamento del processo destinatorio", perché per i Comuni la gestione di questa tipologia di beni esula dalla gestione caratteristica.

Per questo, a luglio di quest’anno, è stato firmato un accordo tra Agenzia e Ministero dell’Agricoltura, che, in sintesi, prevede che i terreni destinati senza esito possano essere assegnati al Ministero, che, a sua volta, potrà metterli a bando in favore di giovani imprenditori del settore agricolo, a titolo oneroso; i proventi delle concessioni serviranno per l’acquisto di derrate alimentari per gli indigenti.

Dopo l’accordo, Libera, con Legambiente, Forum del Terzo Settore, Cgil, Avviso Pubblico, Arci e Legacoop hanno scritto ai due enti in quanto il rischio è che questa strada "possa rappresentare il volano di un nuovo corso verso la privatizzazione di un patrimonio pubblico di ampia portata simbolica, oltre che economica", allontanandosi dagi indirizzi della legge 109/96 e dell’articolo 48 del codice antimafia sul riuso sociale dei beni attraverso progetti a carattere collettivo.

Come ricorda Tita Rafetti, referente per Brescia di Libera, "in questi anni ci sono state esperienze che possono essere un’alternativa. Libera non gestisce i beni, ma favorisce la nascita di cooperative Libera terra, come tante ne sono nate in questi anni, abbattendo anche tanti muri. Mi ricordo personalmente di esperienze nel Sud Italia, in cui veniva negato, ad esempio, il carburante, per osteggiare il lavoro. Ora si sono fatti passi da gigante, c’è anche tanta richiesta di lavoro. Per noi è fondamentale che la vendita di qualunque bene confiscato sia l’ultima spiaggia, e che si continui sempre con lo scopo sociale".